
L’arte che nasce addosso
Carla Bruni solcava ancora le passerelle e non il Nilo in compagnia di Sarkozy, quando lei la vestì soltanto con un soprabito e dei ridottissimi slip di pelliccia. Il giorno dopo la sfilata il tabloid rightwing britannico Daily Mail disse che la più elegante modella di quei tempi era stata conciata come «una puttana da quattro soldi». Artefice dello “scempio” la solita picchiatella madrina del punk negli anni Settanta. Vivienne Westwood è questo, è lo scandalo, l’imprevedibilità, il genio della moda che dissacra le tendenze mentre le sublima; ma è anche la meticolosità, lo studio attento della storia della tradizione sartoriale inglese, la sapienza del taglio. Dalle tute in lattice dei primi anni Settanta, è arrivata ai corsetti iperfemminili, alle crinoline, ai tailleur. Senza mai smentirsi o reinventarsi ma superando la propria storia insieme a quella della moda. Collezione dopo collezione. Una storia tutt’altro che finita, che racconta la mostra Vivienne Westwood. 35 anni di moda, retrospettiva ancora per pochi giorni ospitata a Milano (Palazzo Reale, fino al 20 gennaio). «Ho un’avversione – disse una volta la Westwood – per l’underground (.) non ha classe. Per me la qualità della vita è una fissazione, e si può avere una vita molto migliore se ci si veste in modo da colpire chi guarda. Io ne sono convintissima». È questo stile esclusivo ma non elitario, innato in Queen Viv, che ha conquistato Molteni&C, dando vita a un connubio cosmopolita e all’avanguardia tra la moda e il design. Il gruppo ha infatti reinterpretato alcuni dei suoi più celebri modelli di sedie e sistemi di sedute, vestendoli a nuovo con i pattern di tessuti della stilista inglese. E allora nascono arredi nuovi, personali e unici come qualcosa che si indossa.
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