
Last week, next week 29/99
Giorgio Napolitano I toni usati da Giorgio Napolitano nell’accodarsi all’attacco dei vari Fava, Di Pietro, Paciotti alla vicepresidenza di Marcello Dell’Utri nell’Eurocommissione Diritti e libertà del Parlamento di Strasburgo un po’ stupiscono, anche al di là degli evidenti motivi politici. Perché un politico di così alto lignaggio deve mattersi al servizio di persone entrate in politica per “meriti giudiziari”? Perché usare quei toni: “inaccettabile”, “incredibile”. Se proprio uno deve fare quella parte, dovrebbe almeno calibrare le parole. In realtà Napolitano, nonostante sia ormai culturalmente e politicamente un vero esponente della socialdemocrazia europea, si sente ancora psicologicamente un “bukariniano” cioè uno di quei comunisti di destra che pur disprezzando le degenerazioni staliniste, le legittimavano per non uscire dalla “corrente della storia”. Una storia vecchia di cui Napolitano farebbe bene a liberarsi. Certo, ci vorrebbe almeno un po’ di coraggio.
Umberto Bossi Quindici anni, e la storia di Umberto Bossi sembra proprio alla fine. Anche se il senatur ha dimostrato di avere molte vite e darlo per spacciato è sempre azzardato. Qualcuno dice di non emarginarlo. Perché? Bossi ha rappresentato la protesta profonda del Settentrionale largamente giustificata. L’ha rappresentata nel modo peggiore possibile, flirtando con il razzismo fino ad arrivare a sposare qualche mese fa anche Slobodan Milosevic. In tutti i paesi civili personaggi come lui sono lasciati ai bordi: succede in Francia e così in Germania. Lui ha avuto diverse occasioni per assumere un ruolo politico costruttivo, ma le ha lasciate perdere per non abbandonare la sua concezione tribale della politica. Si dirà, come in certi grandi film, che anche una scorreggia è essenziale a un’opera d’arte, una provocazione che squarcia un velo sulla realtà. Ma va calibrata con cura come nella Grande Abbuffata di Marco Ferreri. Quindici anni di scorregge fanno solo una grande puzza.
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