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Massimo D’alema
“L’immagine di un uomo cinico che si è ritagliata addosso con la sua condotta, volta a colpire a destra i corrotti e a manca i moralisti, polemizzando contro e però difendendo il vecchio sistema dei partiti, scagliandosi contro e insieme cavalcando il cosiddetto ‘nuovismo’, alla fine gli si ritorce contro, suscitando un’insopprimibile impressione di doppiezza”, così scrive di Massimo D’Alema, Massimo De Angelis sull’Avvenire. L’ex occhettiano De Angelis le cose del Pci-Pds le conosce da protagonista. Il suo ritratto di D’Alema è convincente. Però nei suoi giudizi si coglie anche una descrizione di un D’Alema più cinico di Achille Occhetto e Walter Veltroni. Il limite di D’Alema non è stato quello di essere stato troppo realista, ma di esserlo stato troppo poco: in questo la critica di doppiezza di De Angelis è azzeccata. Ma in quanto a ipocrisia e cinismo chi a capo del più strutturato “partito” d’Italia, si è messo alla testa degli antipartiti, chi si è fatto pagare “i conti” ma non ha voluto sapere come questo avvenisse, chi ha voluto i soldi, gli uomini, il potere del Pci, senza assumersi le sue responsabilità storiche verso l’Italia, chi si è comportato così (cioè Occhetto e Veltroni) è cento volte più cinico di D’Alema.
Franco Marini
Franco Marini è stato un protagonista di talento della scena politico-sociale italiana. Come successore di Pierre Carniti, ha rimesso ordine nella Cisl e in un confronto senza subalternità con Luciano Lama (e poi Bruno Trentin e Antonio Pizzinato) ha portato il movimento sindacale italiano su una linea di responsabilità nazionale. E’ stato uno degli eredi di un grande politico-sindacalista come Carlo Donat Cattin. La forza di Donat Cattin è stata, però, quella di essere insieme uomo di sano realismo, ma anche di principi. Arrivato in età avanzata alla politica Marini ha dato prova di realismo e di abilità manovriera, ma non è stato capace di fondare la sua azione su principi chiari e visioni forti. Questa sua debolezza si è riflessa in quella elettorale del Partito Popolare, nell’incapacità di fare patti rispettati con Massimo D’Alema, sino ad arrivare, poi, all’appoggio dell’inconsistente segreteria Castagnetti. Marini deve oggi decidere se essere un “socialista più o meno liberale” o un “liberal-popolare”, il continuare nei pastrocchi come la Margherita rende evanescente il suo ruolo, mentre dà spazio a Sergio D’Antoni.
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