
Le balle sulla Bossi-Fini non salveranno un solo profugo dalla morte in mare. Queste idee concrete invece sì
Quanto continuerà la pantomima secondo cui se cambia la legge Bossi-Fini finiranno le morti in mare?
È vero che chi è impegnato a raccogliere le firme per la sua abrogazione non trova il tempo di rileggerla; se però recuperasse qualche minuto, potrebbe accorgersi che la legge riguarda chi arriva per ragioni economiche, mentre oggi molti di coloro che puntano all’Italia via mare fuggono da persecuzioni o guerre, quindi sono potenziali richiedenti asilo.
Potrebbe constatare che l’articolo 10-bis, che disciplina il reato di ingresso clandestino, stabilisce al comma 6 che la domanda di asilo, da proporre anche un attimo dopo essere saliti su un’imbarcazione con bandiera italiana, sospende ogni procedimento penale.
Potrebbe infine scoprire all’articolo 12, dove è stabilito che non c’è alcun reato nell’attività di soccorso e di assistenza umanitaria. E magari potrebbe segnalare un solo caso realmente accaduto di natante sequestrato perché ha aiutato persone finite in mare o in difficoltà nella navigazione…
Se invece interessa non già raccogliere firme contro una legge che non c’entra nulla, ma fermare le morti per annegamento, è necessario formulare proposte precise all’Europa:
1) collocare nel Canale di Sicilia tutte le navi militari disponibili, col compito di svolgere il soccorso nel modo più efficace: Francia, Spagna o Regno Unito non ne hanno più?
2) condividere la gestione dell’emergenza, favorendo la dislocazione di coloro a cui è riconosciuta la protezione per i principali Stati Ue;
3) subordinare i programmi di collaborazione con Libia, Tunisia ed Egitto all’apertura sul loro territorio, in prossimità delle coste, con fondi e personale europei, di centri di accoglienza per chi fugge, e collocarvi commissioni con targa europea che esaminino le domande di asilo.
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