L’eco dei Tempi e le nomine della rosa

Di Luigi Amicone
15 Marzo 2000
Lettere

Cari amici di Tempi, chi vi scrive è il marito di Barbara Frontali (abbonata 001544). Quando si dice “le sorprese del matrimonio”…. beh, Tempi è proprio una di quelle: l’ho trovato in dote ed è divenuto una piacevole abitudine paragonabile per qualità solo al lusso (di tempo innanzitutto) di una copia del Foglio il sabato mattina…

Rinnoviamo con piacere l’abbonamento, ma a tal proposito vorrei chiedere: A. se è possibile optare per per la formula biennale da 210.000 (non contemplata nella lettera, a differenza del box sul giornale); B. a cosa è dovuto il costante arrivo a singhiozzo (2/3 copie in dieci giorni e poi silenzi per qualche settimana).

Con stima e sinceri auguri di buon lavoro Francesco Conti, giunta via Internet A. certo che è possibile! B. com’è che dice la nuova pubblicità delle poste? “Una lettera arriva subito al cuore”, un giornale invece pare che se lo giochino a dadi. Siccome noi pagare per servizio postale, noi mandare ispezioni. E poi pregare Manitù che certi nostri abbonati eroicamente resistano per il bene della causa a giochi d’azzardo delle premiate poste del cuore. Grazie, amico.

Cari amici, mia moglie mi costringe a non rinnovare più l’abbonameno a Tempi. Non perchè non le piacciano i contenuti, i giudizi, la grinta…, il vostro settimanale è perfetto così com’è. Non le piace che ogni settimana ne arrivino in casa due, uno acquistato dal sottoscritto il giovedi o venerdi mattina a Milano (faccio il pendolare), l’altro che arriva per posta il lunedi o martedi successivo a casa, per posta (per la verità ultimamente arriva anche di sabato).

Vi devo però confessare che anch’io sono d’accordo; mi costate troppo! E proprio non potrei rinunciare alla lettura di Tempi il venedi mattina su Metrò (linea gialla, Centrale/Corvetto, h. 8.00, 17.45).

Tranquilli, rimango comunque un vostro affezionato lettore.

Buon lavoro Matteo Colombi, Trescore Balneario (BG) W i pendolari! E dalle Poste, Manitù salvaci tu! Egregio direttore, mi permetto sottoporle alcuni passaggi del discorso di Eco a Roma nella giornata conclusiva del recente convegno sull’autonomia: “Mi sono acccorto che mi trovavo di fronte ad un enorme contenitore vuoto… vedevo che ai ragazzi italiani era stato sottratto un anno, poi mi sono accorto che gliene è stato dato uno in più: cioé, viene tolto un anno ai ricchi, ma ne viene dato uno ai poveri che non vanno all’università”. Credo che la “perla” dell’intervento sia quando l’esimio afferma:”alla luce di questa assoluta etsraneità e incompetenza (dei problemi scolastici,ndr), mi permetto quest’oggi un tratteggio utopico di come mi piacerebbe che questa scuola fosse”. E’ strabiliante l’arroganza (che deriva dall’ignoranza) di questi cosiddetti “intellettuali” che blaterano su questioni che non conoscono. Come è strabiliante l’affermazione del ministro, il quale afferma che “come si fa a sentire settecentomila insegnanti? E’ impossibile!” Già, come si fa a sentire le pedine dell’ingranaggio che deve comunque partire, costi quel che costi? Pietro Marinelli, Milano Alla luce della sua assoluta estraneità e incompetenza dei problemi scolastici Umberto Eco è stato appena nominato superconsulente e super esperto del ministro Berlinguer. Ma oltre a essere uno scrittore commerciale, Eco ha anche meriti di guerra: quando nel ’94 vinse Berlusconi fece un tour in diversi centri culturali sparsi per il mondo minacciando di bruciare il suo passapaorto e proclamando le dimissioni da cittadino italiano. Evidentemente non gliene fregava a nessuno dei degli Eco furori, che tutt’al più contribuirono alla formazione dei “comitati antibiscione”. Ma evidentemente il partito che tutto sa ha preso nota e al momento opportuno lo ha medagliato come usavano in Urss. E ora che scriverà nella sua Bustina dei Minerva? Gli proponiamo un tema: “Il grande eco dei Fantozzi della seconda repubblica”.

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