
L’esorcista
Non so perché, ma anche qui, nell’assolato Portogallo, mi viene da pensare all’Inter. Non è masochismo. Faccio un esempio: del Berlusca e delle sue sortite, da queste parti, arrivano immagini sfuocate. Ma l’Inter, compagni e amici, l’Inter arriva dappertutto. Sono andato a pranzo in un ristorantino dalle parti del Mosteiro dos Jeronimos e un cameriere quadrilingue, tra una battuta in francese e una in inglese, mi ha chiesto in italiano se l’Inter prenderà Carvalho. Ho chiamato un mio collega in Italia: mi ha detto che, in attesa di Carvalho, ha ingaggiato l’ennesimo allenatore, Roberto Mancini. Rieccolo. Massimo Moratti è tornato. è anche comprensibile. Uno mette i soldi e poi deve decidere un altro? Allora dov’è il divertimento? Non c’è e così Moratti ha ricominciato da dove aveva lasciato, saccagnando un allenatore. Fuori Zaccheroni e dentro Mancini. Alé. Non so che dire, ma una cosa la so. Guardando questo Europeo mi accorgo che i giocatori dell’Inter, appena se ne allontanano (esclusi gli italiani perché finiscono nelle mani di Trapattoni) diventano dei fenomeni. Da Karagounis a Helveg, li ho visti correre e tirare. Come se, allontanandosi da Appiano Gentile, si fossero liberati del malocchio. Invece del preparatore, Mancini si porti l’esorcista.
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