Lettere 5

Di Luigi Amicone
09 Febbraio 2000
Lettera

Ho vergogna di questa Italia dove si è perso il giusto limite! Ho vergogna di una giustizia senza misericordia… e una simile giustizia è
INGIUSTIZIA! Mi pento amaramente di aver a suo tempo “tifato” Di Pietro e il pool di “mani-pulite”. Applicare la legge alla lettera senza il dovuto buon senso come nel caso di Pillitteri-funerali di Craxi, e non apriamo capitoli ben più gravi(!), vuol solo dire e dimostrare a tutti la propria forza bruta spavaldamente sicuri di non dover un giorno rendere conto ad un Giudice si misericordioso ma non fesso e che non ha bisogno di dimostrare nulla a nessuno! saluti Alberto Speroni, Milano Buon senso, una volta, era sinonimo di “senso condiviso della realtà”. È la perdita della realtà che partorisce il mostro giustizialista (e la sguaiata retorica da esso procedente anche in quegli spiriti, come certi anziani editorialisti, che del buon senso ci offrono la versione grottesca e pecoreccia). Poichè la legge, senza buon senso, diventa arbitrio. In questo gli anglosassoni ci danno lezione. Ma in Italia non siamo arrivati a questo punto perché ci siamo fatti un po’ puritani. Siamo qui, a commentare la barbarie in toga, perché certi signori magistrati hanno smesso l’abito dei funzionari dello stato (che dovrebbero applicare le leggi cum grano salis) e vanno in giro a predicare che, come la magistrata del caso Pillitteri,“non c’è niente al disopra della legge”. Ora, giacché la vita non è un esame di diritto costituzionale, anche senza scomodare il Padreterno basta l’intelligenza per capire che la legge è un ammennicolo che si è trovato per regolare (per quanto è possibile) disgrazie e conflitti emergenti nell’ambito della comunità umana. In altre parole resta la lezione evangelica: il Sabato è fatto per l’uomo, non l’uomo per il Sabato. Altrimenti detto: di Legge ce n’è una sola, quella che Dio ha dato a Mosè, i dieci comandamenti, che variamente si riflettono o dovrebbero riflettersi – non senza approssimazioni e gravi errori – nei codici penali. Il problema è che non solo certi magistrati speculano sul Sabato, per vanagloria e sete di carriere, ma si credono pure padreterni.

Cari Ragazzi, volevo semplicemente far notare l’incredibile atteggiamento dei “Notabili” dei DS e di tutta la base convenuta o rappresentata al Lingotto. Da un lato si propone la liberalizzazione del mercato degli stupefacenti, dall’altro si impone una battaglia ipocrita contro il doping nello sport. Se io prendo delle porcherie per vincere una gara sono affari miei e della federazione che mi tessera, il quale prende i giusti provvedimenti del caso. Cosa c’entrano lo Stato, la Melandri, la Bindi, ecc.? O è un modo come un altro per entrare in un mondo che, sporco o pulito che sia, ha sempre cercato di risolvere i propri problemi in seno alle proprie strutture? È o non è l’ennesimo tentativo di statalizzare, burocratizzare, soffocare quelle espressioni della Società che, pur con modi e metodi che possono essere discutibili, sono cresciute in Italia? E se anche fosse giusto intevenire con leggi statali sul Doping, allora perchè si vuole liberalizzare la droga? Forse perché se ti fai male da solo non rompi le scatole a nessuno, mentre se tocchi una torta appetibile come lo Sport la cosa assume una dimensione diversa? Giacomo Cingolani, Recanati Ragazzi noi? Solo Tarzan Veltroni e la candida Jane Melandri sono eterni ragazzi dediti al nostro bene. Sono profondi, per questo superano dialetticamente ogni contraddizione e alla fine sono filosofi (scazonti) anche nello sport.

Caro Direttore, volevamo raccontare un piccolo fatto di vita quotidiana che ci ha fatto venire in mente la frase di Sant’Ambrogio citata dal Card. Martini e riportata sul tuo giornale: ieri sera eravamo davanti alla Tv con nostro figlio Simone di quattro anni e mezzo e stavamo guardando una trasmissione dove venivano intervistati dei bambini in merito al problema della fame nel mondo. Quando il presentatore ha chiesto ai bambini cosa si può fare per aiutare chi non ha da mangiare nostro figlio ha esclamato: “facciamo il banco alimentare!”.

Questa cosa ci ha molto sorpreso. Poi ci siamo resi conto che una tale risposta è stata possibile non tanto per i bei discorsi sulla carità (“E tutti i discorsi sulla carità non mi insegneranno più del gesto di mia madre che fa posto in casa per un affamato”) ma per l’esempio dei genitori: ogni volta, infatti, che abbiamo aderito ai gesti del Banco Alimentare o delle “Tende di Natale”, Simone è venuto con noi e ci ha aiutato a distribuire volantini o a raccogliere gli alimenti. Di questo siamo grati perché abbiamo capito che dentro un’esperienza di Chiesa siamo aiutati anche ad educare i nostri figli.

Un cordiale saluto.

Massimiliano e Manuela Ferrarese – Aosta Al nostro amico Marco Lucchini, Presidente del Banco Alimentare, dobbiamo ancora un servizio su quella intelligente iniziativa della colletta a favore dei poveri davanti ai supermercati (e, notizia di questi giorni, sull’accordo siglato con la Shell, accordo che, di qui al novembre 2000, consentirà agli automobilisti che completeranno il classico carnet di bollini “fedeltà” Shell, di destinare una quota della benzina acquistata al Banco Alimentare). Soprattutto dobbiamo l’ammirazione per la quotidiana attività sua e dei suoi collaboratori che hanno inventato un’opera di carità non pelosa, ma civile e politica nel senso più letterale del termine, cioé al servizio della comunità, della Polis. Ma Lucchini e i suoi non sono grandiosi greci pagani, sono solo poveri cristiani. Questo stupisce noi. Speriamo stupisca anche i nostri figli. Che ad ogni buon conto è giusto che sappiano che tutto dev’esser fatto non nell’illusione di togliere la povertà dal mondo, ma nella certezza che la carità è la sola scuola che ci introduce, passo dopo passo, alla scoperta razionale e affettuosa del comune destino.

Tempi e la Cia Riassunto delle puntate precedenti. Il 2 e il 3 ottobre 1999, il Corriere della Sera pubblica due articoli che nel giro di 24 ore avanzano e nello stesso tempo smentiscono ogni sospetto su presunte attività spionistiche a servizio del Kgb sovietico dell’attuale ministro italiano della Funzione pubblica Antonio Maccanico. Il Corriere della Sera è infatti l’unico giornale che rivela l’esistenza di una inchiesta dei servizi a carico di Maccanico e che, dopo averlo sollevato, chiude rapidamente il caso con l’autorevole testimonianza dell’ex capo di Stato Francesco Cossiga, il quale ricorda che i nostri servizi appurarono l’infondatezza dei sospetti e che anche l’ex capo della Cia William Casey “aderì per iscritto alla nostra richiesta di chiudere il file che anche loro avevano sul caso”. Il tutto, come spesso capita nei poveroni italiani, rimase avvolto nell’alea surreale delle dichiarazioni e smentite: documenti comprovanti l’inchiesta e l’assoluzione del politico? Nessuno. Fu così che, quasi per gioco, ci decidemmo a scrivere direttamente alla Cia per tramite della nostra corrispondente newyorkese Silvia Kramar, che da cittadina americana, in conformità alla legislazione statunitense, aveva il diritto ad appellarsi al Freedom of Information Act e dunque verificare se negli archivi Cia esistesse traccia di quell’inchiesta su Maccanico. La risposta della Cia non si fece attendere: una settimana dopo dalla data in cui era stata avanzata, la nostra richiesta veniva formalmente respinta per “ragioni di sicurezza nazionale” (cfr Tempi n°42, 4-10 novembre 1999). A questa decisione si poteva fare appello. Tempi si appellò e nel giro di due settimane la Cia ci comunicò il suo nuovo verdetto: “il vostro appello è stato accolto” (cfr. tempi 44, 18-24 novembre 1999). La scorsa settimana è arrivata alla nostra questa seguente nuova missiva che sembra confermare la disponibilità americana a fornire la documentazione richiesta. Staremo a vedere. Il nostro piccolo tormentone giornalistico continua.

Ms. Silvia Kramar, attualmente stiamo affrontando un carico di lavoro di circa 320 appelli in attesa di esame. Considerata questa situazione, si dovrà prevedere un certo ritardo nella nostra risposta, ma posso assicurarle che compiremo ogni ragionevole sforzo per definirla il più presto possibile.

Cordialmente Kathryn I. Dyer (Coordinatrice informazione e privacy) Perché alla manifestazione degli autonomi in alcune città italiane le Ferrovie dello Stato devono applicare la riduzione sul costo del biglietto? Perché quando queste persone decidono di fare una manifestazione pacifica si coprono il volto per non farsi riconoscere e si schierano in prima fila con i caschi, le gambe avvolte da gommapiuma e il corpo protetto dalle camere d’aria dei camion? Di che cosa hanno paura? Di dover pagare il biglietto del treno? Io pago le tasse e faccio un lavoro onesto. E quest’anno per andare a Roma per il Giubileo sarò furbo come loro: mi maschererò e con le mani alzate chiederò anch’io uno sconto.

Marco Pellegrini, Gorizia Ma insomma, faccia un po’ l’“antagonista” anche lei, vedrà che anche l’agonista Corriere della Sera le regalerà la stessa bella foto e la stessa bella paginata a sostegno della causa che ha regalato lunedì scorso al milite leoncavallino, sotto lo strillo, molto giubilare, “LA TESTIMONIANZA”.

Egregio Direttore, Tempi sta lentamente diventando – anche per chi come me vi si è accostato scetticamente – un punto di riferimento sempre più autorevole sui fatti della realtà, una chiave di lettura finalmente nuova di tante delle cose che ci succedono attorno. Bello il formato, l’impaginazione, la grafica, la carta e le rubriche brevi e agili. Anche le consegne postali sembrano essere diventate puntuali. Interessante anche lo stile originalissimo che i vostri articolisti imprimono al giornale… PERO’ VI PREGO non esagerate con le frasi ridondanti lunghe dieci righe e senza punteggiatura, con le allusioni, le parafrasi, le ironie, gli accenni appena abbozzati, i soprannomi, il “dico ma non dico”…. ABBIAMO BISOGNO DI CAPIRE !!! Un giornale – anche se settimanale – deve essere uno strumento immediato e non un testo da meditare. Grazie e buon lavoro.

Chiara Andorno, Brugherio (MI) Questa missiva diventi ordine di servizio per tutti i redattori e collaboratori. Grazie, gentile lettrice.

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