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Libano, un paese in fumo

Di Rodolfo Casadei
25 Novembre 2022
Banche che taglieggiano i clienti dopo aver dilapidato i loro risparmi, stipendi liquefatti, bollette inarrivabili, servizi al collasso, Stato in default. Ecco dove ha portato il Libano la logica spartitoria delle sue élite. Reportage da Beirut
Protesta al Palazzo di giustizia di Beirut
Protesta al Palazzo di giustizia di Beirut, Libano, il 19 settembre scorso per la liberazione di due correntisti esasperati coinvolti in un assalto alla loro banca (foto Ansa)

Clacson ritmati, rombo di motori, slogan gridati dai ragazzi e dalle ragazze che tendono al vento bandiere arancioni con un logo bianco aperto a molte interpretazioni: nulla distrae la signora Nada dalla sua missione, strappare una strisciolina dopo l’altra il manifesto che celebra encomiasticamente la fine del mandato presidenziale di Michel Aoun. «Non abbiamo più soldi, non abbiamo più lavoro, non abbiamo più elettricità, non abbiamo più cure sanitarie, mio figlio come gli altri non ha avuto giustizia, e questi festeggiano! Ma che cosa festeggiano?». Nada è la madre di Marcel, una delle 218 vittime dell’esplosione del porto di Beirut del 4 agosto 2020. L’incidente non è mai stato indagato seriamente a causa dell’ostruzionismo – per usare un eufemismo – di Hezbollah, il partito sciita filoiraniano che dal 2006 è stabilmente alleato al Movimento patriottico libero, il partito dell’ex generale e dal 31 ottobre scorso ex presidente del Libano....

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