La preghiera del mattino

Occhio ai “liberali” che invocano la penalizzazione della libertà altrui

Carlo Calenda
Il leader di Azione Carlo Calenda in una foto tratta dal suo profilo Facebook

Sul Sussidiario Giulio Sapelli scrive: «Il subsistema della circolazione delle classi politiche è giunto in Italia a un punto di svolta. La personalizzazione dei partiti e la dipendenza dalle potenze straniere di una parte cospicua delle classi politiche determina quella che io anni or sono – all’emergere del costrutto vaticano-cinese dei 5 stelle in guisa di emersione del popolo degli abissi – definii una mucillagine peristaltica, ossia una fibrillazione continua della circolazione delle classi politiche che provoca discontinuità e incapacità di realizzare l’offerta politica resa pubblica».

La crisi italiana ha bisogno per essere compresa di non esser guardata solo dal buco della serratura, ma anche con il respiro di uno storico come Sapelli.

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Su Affaritaliani Enrico Letta dice: «L’inizio di questa legislatura è il peggiore che potesse esserci. La legislatura comincia con una logica incendiaria da parte di chi ha vinto le elezioni».

Parole come quelle citate, dette dal segretario (ancora per poco) del principale partito di opposizione, spaventano: in Italia il passo tra protesta irresponsabile e violenza è stato molto breve in passato. Ora quando Beppe Grillo, un tipaccio pericoloso nonostante sia un pagliaccio, invoca a difendere il reddito di cittadinanza delle “Brigate”, l’allarme per un fosco ritorno a tempi passati ma recenti deve essere alto. Parole come quelle citate dal segretario (ancora per poco) del principale partito di opposizione, pronunciate in un incontro con un capo di Stato europeo, indignano: delegittimare il proprio paese sulla scena internazionale è operazione deplorevole. Però poi quando uno si rende conto che le parole su cui stiamo discutendo sono pronunciate da un Enrichetto Lettino che fa gli “occhi da tigre” la sensazione prevalente diventa soltanto quella di trovarsi di fronte a una manifestazione di irresistibile ridicolo.

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Sulla Zuppa di Porro Corrado Ocone scrive: «La diversità dei liberal è la diversità di sedicenti minoranze, ovvero di gruppi organizzati, che in nome appunto di un’identità di gruppo, intendono sacrificare le identità individuali e l’ordine spontaneo con cui si sono istituzionalizzate nel corso delle esperienze di secoli e generazioni. Tutt’altra cosa è la diversità liberale a cui si è richiamato Fontana: essa prende sul serio l’idea della centralità dell’individuo nella sua specificità e particolarità, dell’individuo come centro morale, senza la pretesa di normarne le idee e i comportamenti secondo un canone di correttezza universale. Un canone che concepisce l’uguaglianza non formale della dignità di ogni uomo, ma appunto come uguaglianza sostanziale e indifferenziata di tutti con tutti. Là dove vige questo tipo di uguaglianza, ove “uno vale uno”, e cioè ove “uno vale l’altro”, il potere di un tiranno, o semplicemente delle centrali del consumo standardizzato, anche delle idee, potranno avere mano libera. La vittoria della destra potrebbe essere ora una buona scossa anche per i liberali, che si sono trovati spesso in questi anni in difficoltà per avere anteposto un concetto di liberalismo fondato sulla falsa e astratta alternativa Stato-mercato a quello più propriamente basato sul pluralismo delle idee e delle opinioni e della loro libera competizione. Dispiace non poco che i vescovi italiani, dimentichi della grande tradizione cristiana e cattolica tendente a limitare il potere attraverso la promozione della persona e delle formazioni intermedie in un’ottica di sussidiarietà, abbiano manifestato, attraverso il loro quotidiano, “inquietudine” e rammarico per l’elezione di un presidente cattolico e liberale a tutto tondo. Questa defezione di una parte della Chiesa rispetto ai propri valori, e cioè rispetto a sé stessa, è forse causa ed effetto della sua sempre più marcata irrilevanza pubblica».

Una libertà che pretende di affermarsi proibendo la libera discussione delle idee, come ha invocato “europeisticamente” anche quello sprovveduto di Carlo Calenda nei confronti di Lorenzo Fontana, è l’ultima aberrazione dell’epoca che stiamo vivendo. Forse se ne dovrebbe riflettere in tutti gli ambienti, anche in quelli cattolici.

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Sugli Stati generali Jacopo Tondelli scrive: «Non sapremo mai se la lista di aggettivi poco carini dedicati a Giorgia Meloni e messi per iscritto erano destinati a restare tra lui e Licia, o se fossero scritti per arrivare a noi. In un caso e nell’altro, siamo di fronte all’ennesima umiliazione della politica. Perché se è uno scarabocchio dal sen fuggito, siamo di fronte a un leader politico che ha bisogno di appuntarsi gli insulti che sente veri per un alleata. Se è tattica studiata a tavolino, va quasi peggio, per ragioni umane e politiche che non hanno forse neppure bisogno di essere spiegate, al termine di un’elezione che ha visto l’arrogante e il suo fustigatore di oggi alleati fino a poche settimane fa, e con l’obiettivo di governare insieme l’Italia».

Obiettivamente il caso degli appunti di Silvio Berlusconi è imbarazzante sia che quelle note fossero una memoria per ricordarsi quali insulti usare, sia che fossero un mezzuccio umiliante per insultare un alleato politico. D’altra parte William Shakespeare ci ha spiegato con il suo Re Lear l’immenso dramma che determina la rinuncia del potere. Per rimanere, poi, alla tragedia del grande Bardo è evidente chi sono le figlie traditrici che rinnegano il padre: Goneril e Regan sono senza dubbio due tipette come Mariastella Gelmini e Mara Carfagna. Ma chi è la vera Cordelia, Licia Ronzulli che accompagna il povero monarca sempre più stremato o Giorgia Meloni che ne salva l’eredità?

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2 commenti

  1. ENRICO VENTURA

    Correggo, non ministro ma presidente di Senato e Camera

  2. ENRICO VENTURA

    Orribile il silenzio del Quirinale. Se non vuole difendere un ministro difenda almeno le istituzioni, perche’ se tutto è lecito sappiamo poi dove si va a finire.

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