
L’IMPREVISTO CHE SALVA
I due Tupolev russi precipitati contemporaneamente riaprono l’angoscia del terrorismo aereo. Di nuovo apparecchi presi in ostaggio col loro carico di civili inermi? L’ombra dell’11 settembre, ancora. Un amico, Marco Cirnigliaro, quest’estate ci ha mostrato il catalogo di una sua mostra all’Obraz, a Milano, appena un mese dopo le Twin Towers. Accanto ai quadri aveva riportato l’ultimo appunto di uno dei terroristi: «Controlla bene tutte le tue cose, il tuo bagaglio, i tuoi vestiti, i tuoi coltelli, la tua volontà, la tua carta d’identità e il tuo passaporto, tutti i tuoi documenti. Prima di andartene, controlla che non ci sia nessuno a seguirti, assicurati di essere pulito, che siano puliti i tuoi vestiti, comprese le scarpe».
Quel testamento d’un uomo che andava a morire e a uccidere non mancava di una sua terribile bellezza: come una poesia, ma la poesia di un folle, animato da un’ossessività maniacale. E ci ricordava qualcosa. Qualcosa di simile e di opposto. “Prima del viaggio”, da Satura, di Eugenio Montale.
«Prima del viaggio si scrutano gli orari,/ le coincidenze, le soste, le pernottazioni/ e le prenotazioni (…)/ Si consultano/ Le guide di Hachette e quelle dei musei,/ Si cambiano valute, si dividono/ Franchi da escudos, rubli da copechi;/ Prima del viaggio s’informa/ Qualche amico o parente, si controllano/ valige e passaporti (…) E ora che ne sarà/ del mio viaggio?
Troppo accuratamente l’ho studiato/ Senza saperne nulla. Un imprevisto/ è la sola speranza. Ma mi dicono/ Ch’è una stoltezza dirselo».
Due viaggi. Entrambi progettati e preparati. Il primo fino nell’ultimo particolare del passaporto falso, rimesso in valigia tre volte, e il denaro, e le carte di credito, e i coltelli, ciascuno presa e ripresa e riordinata, un rosario di gesti meccanici infinitamente ripetututi. La mente fredda, lo sguardo all’erta: voltarsi, ascoltare, voltarsi ancora, come fiere inseguite, e niente tracce o orme – come belve, e in effetti belve sono , e già aperta forse è la caccia, e nulla può essere lasciato al caso.
Mentre molti anni prima un signore anziano, già tutto prestabilito e preparato, s’immalinconiva al pensiero che il suo viaggio fosse avviato su tanto precisi binari. Tutto previsto. Tutto sotto controllo. Ma, e se l’incontro da sempre desiderato, fosse stato nella città, nella via accanto? Un imprevisto è la sola speranza, si lascia sfuggire il poeta. E gli altri, i saggi fasulli attorno: ma no, dobbiamo decidere noi dove andare, noi dobbiamo avere il nostro destino nelle mani. E invece è l’imprevisto, ciò cui non sappiamo nemmeno dare un nome, l’Altro che andiamo cercando. Quell’imprevisto forsennatamente temuto dal terrorista dell’11 settembre, che non voleva incontrare proprio nessuno – tranne il Nulla.
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