L’IRAK NON VUOLE LA SHARIA

Di Giorgio Vittadini
10 Febbraio 2005
Gli ulema sciiti chiedono l’adozione della legge islamica in Irak

Gli ulema sciiti chiedono l’adozione della legge islamica in Irak e sarebbe davvero una beffa se ciò avvenisse dopo un’elezione democratica e contro la linea promossa dal premier Allawi secondo cui la legge islamica può essere solo un riferimento culturale. Gruppi di donne e partiti del nuovo Irak si sono battuti contro la proposta di impostare il diritto di famiglia sulla legge islamica. Questo è il vero volere della maggioranza degli iracheni, pur musulmani. Per impedire questa involuzione fondamentalista ci vorrebbe un Occidente unito, cosciente che le libertà fondamentali sono universali, legate all’unicità e irripetibilità di ogni essere umano. Invece i neocon protestanti hanno voluto una guerra scellerata e un dopoguerra demenziale, senza avere la necessaria lungimiranza per disegnare un’evoluzione diversa dal sanguinario regime di Saddam. Hanno pensato che le armi bastassero per portare la democrazia e la libertà. Hanno così favorito una situazione in cui, invece di limitare terrorismo islamico e fondamentalismo, ne hanno aumentato le potenzialità. D’altra parte, nel dopoguerra iracheno fondamentalismo e terrorismo – due facce di una medaglia – continuano ad essere favorite dalla stupidità e dalla malafede di quei leader europei che invocano il ritiro.
Il debole pensiero di chi confonde terroristi e insorti fa pensare che c’è chi non considera il fondamentalismo un male. Chi in Europa propone una moralità svincolata da ogni regola è paradossalmente alleato in funzione anti-americana con chi vuole una società oppressiva, chiusa, fanatica, talebana. Non bisogna dormire sugli allori, nemmeno dopo il successo delle elezioni, magari dopo averle deprecate. A nessuno deve essere concesso di strumentalizzare le elezioni per imporre una costituzione basata sulla sharia che può essere il prodromo di un nuovo Stato canaglia. Una democrazia nascente non deve certo sottostare alle regole della democrazia americana ma non deve certo violare i diritti inalienabili della persona. Si rende perciò quanto mai necessario ascoltare oggi chi, come il Papa, vuole una cooperazione pacifica allo sviluppo in nome di quelle esigenze di verità comuni a tutti gli uomini qualunque sia la religione che professano. Perciò occorre senza indugio continuare a sostenere, anche attraverso operazioni di peacekeeping, gli iracheni moderati, minacciati dai fondamentalisti musulmani e dal debole pensiero occidentale.
*Presidente Fondazione Sussidiarietà

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