Lo scatto Anasyromai come se fosse antani

Di Caterina Giojelli
19 Marzo 2017
Flash mob osceni all’Altare della Patria. La foto delle femministe con un bimbo ai piedi e il sesso all’aria continua a girare

8 marzo

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – «E’ una foto è assolutamente vera!», dicono dal Teatro Valle Occupato. Chissà. Ci sono delle favole da aggiornare sull’8 marzo. Non ci sono solo cortei, manifestazioni, sit-in, scuole e trasporti fermi, Capitale e città in tilt, per lo “sciopero globale” contro la violenza proclamato in occasione della Festa della donna, o i finali a “lucine rosse”, come quello offerto a Milano da un gruppetto dei collettivi femministi impegnato a sollevarsi la gonna davanti al Pirellone al grido di «Anasyromai» («mostrare la vulva contro il potere patriarcale, sessuofobico», «un sistema binario che comprime i corpi in una norma mitica» e antani). C’è che l’8 marzo sul profilo twitter del Teatro Valle Occupato, corredato di opportuna didascalia «All’Altare del Patriarcato, ci smutandiamo», compare un’immagine rilanciata dai social e pubblicata anche dal Manifesto a corredo delle cronache sulle ventimila manifestanti in marcia dal Colosseo. La foto, che mostra un gruppetto di donne sulla gradinata dell’Altare della Patria con il sesso all’aria, ha qualcosa di violentemente osceno che non ha nulla a che vedere con la prostituzione allo sguardo del corpo destrutturato dalla sua identità più intima, ridotta a grottesco feticcio biopunk e spermicida.

C’è infatti che ai piedi di quella quindicina di anarcoidi in lotta contro un ineluttabile destino biologico e aperte come a sovrastare un volgarissimo orinatoio di provincia, c’è un bambino. Solo un fake, una semplice provocazione situazionista? O si tratta di una foto vera? Perché nel caso, il presidio delle forze di pubblica sicurezza presente al complesso del Vittoriano avrebbe dovuto far scattare una serie di denunce contro le manifestanti per atti osceni in luogo pubblico, in un luogo di massima importanza storica, disturbo della quiete pubblica e corruzione di minore. Dal ministero dell’Interno ci dicono che stanno facendo verifiche «ma al momento l’8 marzo non risultano manifestazioni all’Altare della Patria». E anche se la foto ricorda gli scatti veloci e turistici sulle gradinate accessibili a tutti, «quel luogo è presidiato 24 ore su 24, ci sono polizia e carabinieri, qualcuno sarebbe certamente intervenuto». Dal ministero della Difesa confermano, «non ci occupiamo direttamente della gestione del luogo e non abbiamo ricevuto segnalazioni. Certo, le due sentinelle di guardia ai lati del braciere non sarebbero potute intervenire, ma uno scatto così in pieno giorno non sarebbe passato inosservato». Dal Teatro Valle non si hanno dichiarazioni ufficiali, «ho presente la foto, non ne so nulla», dice una persona vicina agli attivisti.

Ma la foto continua a girare, nel silenzio dei media e delle istituzioni: trincerate dietro quel regno di divinità provvisorie, vagine ridotte a gargoyle prestate a un femminismo che si autocannibalizza nel retwittamento social, facendo delle reazioni misandriche e dei like il test della propria emancipazione, le protagoniste di quello scatto sembrano chiedere copertura allo stesso Stato e patriarcato simboleggiato nel Vittoriano additato come nemico.

E se di fake si trattasse, perché una provocazione così inefficace e una propaganda sempre più parodistica – chi oggi si scandalizza più della nudità? – gode di indulgenza quasi fosse portante di messaggio politico positivo anche quando i mezzi lasciano a desiderare? Resta, insieme al mistero sulla verità di questa foto, il vilipendio alla storia, certo, ma resta anche quel bambino: l’uso di un bambino in mezzo ai nudi, e almeno su questo, anche fosse triste propaganda da twittaroli compulsivi, nessuno dovrebbe chiudere un occhio. Inutile, del resto, chiedersi come sarebbe finita questa favola se a mostrare i genitali in foto, alla presenza di un minore, fossero stati degli uomini.

Foto Ansa

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