
Lettere al direttore
Lombardia. Appunti “unitari” per i candidati

Caro direttore, ho seguito su Tempi la campagna elettorale per le elezioni regionali, in particolare in Lombardia, dove voto. Ho letto le varie lettere che i candidati hanno inviato a Tempi perché curioso di capire cosa li avesse spinti a offrire il loro contributo. Devo dire che le ho apprezzate tutte: diverso il tono e qualche sfumatura, ma in ognuna ho ritrovato l’attenzione a temi che, mi pare, siano anche quelli che stanno a cuore al suo giornale: la sussidiarietà, l’attenzione al Terzo Settore, una concezione dell’intervento pubblico che non soffochi la libertà di chi vuol “fare dal basso”, la famiglia, la vita… Tutte “cose” che ho ritrovato anche al centro del convegno promosso dalla Compagnia delle Opere a Milano. Bene, alla luce dei risultati (mi pare ce l’abbiano fatta solo Matteo Forte e Carmelo Ferraro) non posso fare a meno di chiedermi se una strategia più oculata non avrebbe potuto – proprio al fine di portare queste tematiche al centro dell’iniziativa della futura azione del governo lombardo – essere “organizzata” in maniera differente, magari chiedendo a tutti questi candidati di fare sintesi assieme, e non disperdendosi in tanti partiti diversi. Sarà per la prossima volta?
Giampaolo Calissi, Milano
Caro Giampaolo, poni una questione su cui ci siamo già espressi. Sul numero del mensile di febbraio abbiamo anche pubblicato un articolo che abbiamo scritto il 26 gennaio, quindi a campagna elettorale in corso, e che abbiamo reso accessibile solo ora, a scrutino avvenuto. Questa nostra scelta ha una spiegazione semplice: volevamo che fosse chiaro a tutti che quel che lì scrivevamo non dipendeva dall’esito del voto, ma che era un richiamo a riconoscere che dovrebbe esserci tra queste persone un’unità che viene “prima” delle loro legittime aspirazioni e ambizioni.
È chiaro che “la libertà è libera” e ognuno può fare quel che vuole, ma è anche chiaro che se questa libertà si esprime in una unità è meglio. È meglio sotto il profilo della testimonianza che queste persone danno all’esterno (cioè si capisce con chiarezza che tengono maggiormente a quel che riconoscono come importante per la società piuttosto che loro stessi) ed è meglio “tatticamente”, se così si può dire, perché non si pestano i piedi tra loro e non si “rubano i voti” (come è avvenuto).
Quale sia il partito migliore dove queste idee possano essere accolte, lo lasciamo dire a loro. Noi, di sicuro, fino a prova contraria, continueremo a sostenere che esiste una differenza tra centrodestra, (pseudo)centro e sinistra; è solo nel primo campo che tutte quelle idee trovano modo di essere espresse (d’altronde, non è forse proprio la Lombardia l’esempio concreto di questo?).
Tu, caro Giampaolo, chiedi: “Sarà per la prossima volta?”. Noi diciamo: speriamo.
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