
Luca-Pier, l’asse bello e impossibile
Il tempo viaggia a diversa andatura a seconda delle persone. Con chi va all’ambio, con chi al trotto, con chi al galoppo. Figuriamoci in politica. È proprio il tempo che divide Pierferdinando Casini rispetto al resto della Casa delle Libertà. Gran parte della tattica dispiegata negli ultimi mesi per segnare una distanza crescente tra l’Udc e l’eccesso di populismo che a suo dire anima il resto della Cdl si spiega in ragione di un calcolo temporale. Più la legislatura si trascina fra continui scontri muscolari tra Prodi e Berlusconi, più Casini ha speranze di spingere i silenziosi insoddisfatti delle due leadership contrapposte ad allentare piano piano la coazione a ripetere. Non sono solo le due leadership in termini personali, l’oggetto del logoramento che si ingenera grazie alle schermaglie di Casini. È il bipolarismo stesso a essere stanco, secondo il leader Udc. Logoro, obbligato a imbarcare movimenti estremi alla ricerca del voto marginale che può fare la differenza, e costretto poi a tenerne prioritariamente conto tanto nell’espletamento dell’agenda di governo, quanto in quella dell’opposizione. È più o meno la stessa analisi che ripete da mesi Luca Cordero di Montezemolo, che a fine maggio si avvia ormai all’ultima assemblea annuale da presidente di Confindustria. E anche se Montezemolo smentisce sempre le indiscrezioni che lo vogliono molto interessato a un futuro impegno politico, è un fatto oggettivo che nei prossimi 12 mesi il presidente uscente di Confindustria sarà il primo interessato a rilanciare coi suoi interventi molti dei temi e delle analisi sollevati da Casini. Con una corsa alla sua successione che, con ogni probabilità, si animerà anch’essa sulla falsariga della doppia delusione, da parte dell’impresa italiana, nei confronti del governo e dell’opposizione.
La storia non depone a favore della discesa in politica dei presidenti di Confindustria. Tutti pensano a Berlusconi imprenditore, dimenticando però che il Cavaliere era ed è sempre rimasto fuori dall’establishment del “salotto buono” (è anche la chiave del suo successo). Quando ci provò l’Avvocato, dopo l’accordo sul punto unico di contingenza, la Dc di Fanfani lo fregò senza por tempo in mezzo candidando al Senato il fratello Umberto, e il Pri di Ugo La Malfa la sorella Susanna. Certo, l’Italia è cambiata dagli anni Settanta, ma anche oggi una sommatoria tra il moderatismo neocentrista casiniano e una riedizione della tecnocrazia ciuffo al vento kennedian-montezemoliana appare impervia. Formule come “il governo dei migliori” o “il governo dei tecnici” hanno fatto il loro tempo, e sono sostanzialmente diverse dalla maggioranza istituzionale volta al solo espletamento di quella riforma elettorale indicata dal Quirinale nell’agenda politica postprodiana. In nessun caso la formula montezemoliana reggerebbe senza il sostegno di Forza Italia, visto che metà della sinistra mai e poi mai le darebbe il voto in Parlamento. Certo, Casini potrebbe sempre pensare di giocare la carta di un’alleanza con il movimento montezemolista-giscardiano alle prossime elezioni. Ma in quel caso dovrebbe esser riuscito ad avere in carniere una riforma elettorale non più bipolare. Peccato però che la somma degli antibipolaristi nelle due coa-lizioni non garantisca attualmente la maggioranza necessaria per una riforma elettorale. Insomma, l’accoppiata Casini-Montezemolo può risultare seducente sulla carta, ma quanto al tempo, non sembra proprio scorrere a suo favore.
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