
L’umma islamica esiste (e non è una cartoon)
L’atteggiamento di principio dell’Unione Europea nella questione delle vignette islamiche avrebbe dovuto essere quello di una dichiarazione solidale che, se poteva riconoscere il cattivo gusto delle vignette incriminate, doveva affermare che esse, come forma di satira politica, non avevano intenzione ostile. Bisognava cioè reagire come ha reagito il governo danese che si è dissociato dalle vignette, ma ha riconosciuto il diritto di un giornale di pubblicarle. In realtà, credere che le vignette siano state causa dei tumulti di massa del mondo islamico significa non riconoscere che esse ne sono state solamente occasione. Il fatto stesso che siano passati tre mesi dalla pubblicazione alle manifestazioni indica che un preciso calcolo politico ha animato il movimento di protesta. E, forse per questo, non è destinato a estinguersi tanto facilmente. Era l’intenzione di Osama Bin Laden di costituire la comunità islamica come soggetto mondiale, unita dalla sua guerra contro la cultura occidentale, che minacciava l’inserirsi, con i suoi modelli culturali, attraverso le immagini e l’immigrazione all’interno dell’umma islamica. Ciò significa che qualunque altro fatto capace di essere interpretato da una qualche autorità islamica come un insulto ai simboli della religione islamica, dovrà essere assunto come tale dai governi dei singoli Stati europei. Se si rinuncia al diritto di criticare l’islam, ne viene che la sharia è introdotta di fatto nelle terre occidentali. Basterà un qualunque imam periferico a creare un incidente: e, per quello che abbiamo visto in occasione delle vignette, le autorità occidentali piegheranno le ginocchia.
SOFFIA LO SPIRITO DI MONACO
Con superbo cinismo, il fondatore di Repubblica ha scritto che i martiri cristiani interessano solo il Vaticano: come se i cristiani avessero perso, con la professione di fede, i diritti umani che fanno parte della civiltà occidentale e che comprendono anche la libertà di religione. Calderoli è stato rimproverato come se il suo gesto fosse stato la causa dello scatenamento della protesta islamica contro l’Italia, ma essa era già avvenuta contro la Danimarca e la Norvegia. E questo, nel quadro dell’Unione Europea, avrebbe già dovuto riguardarci. Invece l’Europa ha proceduto in ordine sparso, sulla base del principio che la guerra del fondamentalismo islamico non fosse una realtà costruita e organizzata e avrebbe tratto profitto da ogni atto di libertà che fosse interpretabile come critica dell’islam per scatenare le masse contro le nostre istituzioni. Attaccare le sedi diplomatiche, che sono territorio dello Stato, è un atto di aggressione, è un atto di guerra.
Lo spirito di Monaco del ’38, che aprì la via alla Seconda guerra mondiale, è poca cosa di fronte all’abdicazione che si è avuta da parte dell’azione dell’Unione nei confronti del caso danese e dei casi, anche quello italiano, che ne sono derivati. Tra l’altro, non va dimenticato che la guerra che agita il mondo islamico è una guerra interislamica: è condotta dal movimento fondamentalista contro la realtà degli Stati dei paesi musulmani. Non vi è dubbio che, diversamente da quello che ha dichiarato in Parlamento il ministro degli Esteri, la maglietta di Calderoli è stata un’esca, non una causa. Era meglio dirlo chiaramente e non lasciare il sospetto che sul governo italiano scendesse il riconoscimento di colpevolezza che il movimento fondamentalista islamico ci richiede.
bagetbozzo@ragionpolitica.it
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