
LUNGA VITA A BUSH
Non ho brindato con la redazione di Tempi per festeggiare la vittoria di Bush, ma vi confido che all’orecchio del compagno Nicola ho sussurrato: «Lunga vita al Presidente». Sia chiaro non si tratta di un’improvvisa evoluzione repubblicana del mio pensiero e neppure di un’insolita piaggeria nei confronti dei lettori di questo settimanale. Nulla di tutto ciò, sono solo stanco, nauseato e sinceramente infastidito dalla teorizzazione del pensiero debole che accompagna le sinistre di tutto il mondo. La destra americana ha vinto perché è stata in grado di mobilitare le masse popolari, il sentimento comune, lo spirito dei ceti medi e dei proletari di ogni etnia. è riuscita a farlo, certamente usando buone dosi di populismo, ma riscoprendo i valori semplici e tradizionali del sogno americano. Bush ha avuto il coraggio di farsi paladino, senza falsa modestia, di un’idea forte della società, ha interpretato la richiesta di riconoscersi in un’identità certa, in un’etica ben radicata. Patria, famiglia e Dio. Non bazzecole! Kerry e i kerristi hanno rincorso, zoppicando, gli stessi concetti cercando però di gonfiarli di sentimentalismo e di moderazione dialettica. Nella realtà i democratici, come buona parte della sinistra europea, sono privi di un’idea differente della società. Sono privi di un’idea! Un popolo non può aderire al nulla, non può essere partecipe e compartecipe della lotta per il potere se non viene fornito di una speranza, se non riesce ad intravedere un fine, un obiettivo, una semplice motivazione. I repubblicani hanno proposto ai cittadini americani una visione del mondo, una compiuta visione della società. Dico allora, lunga vita al Presidente, non perché intendo aderire a quel pensiero forte incarnato da Bush, ma perché mi rendo conto che sarebbe una vera sciagura se a governare il paese, politicamente ed economicamente, più importante del mondo fosse quel nichilismo asfissiante figlio del pensiero debole.
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