«L’Università non può abdicare al suo compito educativo»

Di Marini Barbara
31 Gennaio 2008

Professoressa Giannini le sembra che il quadro dipinto dalla stampa descriva bene la situazione degli studenti stranieri a Perugia?
In questo caso la stampa ha dato un’immagine negativa della città e dei suoi studenti che non risponde ai fatti. Si è preso spunto da una vicenda tragica e per una impropria astrazione analogica si è fatto un quadro irreale di come siano traviati e immorali gli studenti. Il che mi sembra fuori da ogni realtà.
Vi sono preoccupazioni da parte del Corpo Accademico in merito al disagio esistenziale di cui si è tanto discusso?
Il mondo dell’Università traspira la realtà storica di un paese che vive tutte le sue incertezze. Quello di cui soffrono i giovani di oggi è certamente una solitudine grande. Mancano aggregazioni sociali che non siano appena quelle del vivere per divertirsi e che si riducono poi o degenerano nella baldoria dei festini. Questo spiega perché il divertimento, esigenza normale, si trasforma in eccessi e a volte, purtroppo, in tragedia. Il problema è che oggi il bisogno personale è culturalmente percepito come un handicap. È considerato un grande sintomo di debolezza individuale. Prima, io frequentavo l’Università negli anni Ottanta, c’era chi si impegnava in movimenti aggregativi politici, in associazioni, in esperienze di fede: i bisogni e i desideri venivano espressi in forme già strappate all’individualità come dimensione solitaria. Oggi il bisogno  individuale viene descritto troppo spesso con una accezione di segno negativo. Ma se desideri e bisogni non hanno più possibilità di risposta diventano essi stessi distruttivi.
Come gestisce l’Università l’ingresso di tanti studenti provenienti da culture così diverse?
L’Università negli ultimi quindici anni si è trovata a vivere una trasformazione epocale, è divenuta una università di massa non solo per i grandi numeri di iscritti, ma anche per la tipologia degli studenti che pésca sia da tutte le fasce sociali sia dalle diverse motivazioni per cui uno studente si iscrive. Qui a Perugia abbiamo una consolidata tradizione di accoglienza. A volte per questi studenti è scioccante e dobbiamo sostenerli su tutti i fronti. È vero che aumentano difficoltà e disagi e aumenta la depressione…
Crede che l’Università abbia un compito educativo a tutto tondo nei riguardi dello studente?  
Certamente. L’Università ha un compito educativo fondamentale che va al di là della trasmissione dei contenuti. Deve saper educare lo studente ad acquisire un’etica che poi nell’ingresso all’età lavorativa, diverrà un etica della vita, un’etica del fare, oltre che del sapere.
Avverte la mancanza di “maestri”?
Quando c’erano i “maestri” (io ne ho incontrati nel mio percorso) si avevano, nel dialogo con loro, dei punti di riferimento fondamentali per la crescita che andavano al di là dell’insegnamento della disciplina. Ma quel tipo di rapporto era, comunque, elitario, rivolto cioè alla cerchia ristretta che l’educatore creava intorno a sé. Adesso c’è la general education: contenuti disciplinari e di pensiero di base, somministrati al più ampio numero di persone.

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