
L’uomo venuto da Tel Aviv
Cara Flannery O’Connor, vorrei fare un bilancio di questo primo anno di università. Ed è un bilancio amaro, almeno, penso, per una come te. Infatti: ho studiato tante cose, ho approfondito le idee di molte religioni, delle filosofie più importanti e di tanta parte di quel sapere umano che ci distingue dai bruti. E ho perso la fede. Mi puoi spiegare perché più si approfondiscono le conoscenze più ci si allontana da Dio?
Elisabetta Scurati – Milano Cara giovane amica, Penso che l’esperienza che stai vivendo di perdita della tua fede o, come pensi, dell’averla già persa, è un’esperienza che, alla lunga, appartiene alla fede; o almeno può appartenere alla fede se la fede è ancora un valore per te, e lo deve essere, altrimenti non mi avresti scritto queste cose. Non so come il tipo di fede di un Cristiano che vive nel ventesimo secolo possa essere se non fondata su questa esperienza che tu stai vivendo di incredulità. È una situazione di sempre, questa, non solo del ventesimo secolo. Pietro ha detto: “Signore, io credo. Aiuta la mia incredulità”. È la più naturale e più umana e più dolorosa preghiera del Vangelo, e io penso che sia la preghiera fondamentale della fede.
Come matricola all’università, tu sei bombardata da nuove idee, o piuttosto frammenti di idee, nuove teorie, un’attività di vita intellettuale che è solo all’inizio, ma che sta già piombando sulla tua esperienza vivente. Dopo un anno simile, pensi che non puoi più credere.
Un risultato dell’attività di vita intellettuale universitaria è di solito una contrazione della vita immaginativa. Suona come un paradosso, ma ho spesso trovato che sia vero. Gli studenti sono incatenati a difficoltà quali la conciliazione di contrasti tra fedi così differenti come il Buddismo, l’Islamismo, ecc…; a tal punto che smettono di cercare Dio in altri modi. Comunque, il contrasto tra le religioni del mondo, così differenti, è stata una difficoltà per me. Dove ci sono soluzioni assolute, tuttavia, non c’è la necessità della fede. La fede è ciò che hai in assenza di “sapere”. Il motivo per cui questo contrasto non mi secca più è perché ho maturato, negli anni, un senso dell’immensa grandezza della creazione, dell’evoluzione di ogni cosa e di come debba necessariamente essere incomprensibile Dio per essere il Dio del cielo e della terra. Non puoi fissare l’Onnipotente dentro le tue categorie intellettuali.Ciò che fece di me una scettica all’università fu precisamente la mia fede Cristiana. Mi diceva sempre: aspetta, non abboccare, fatti un’idea più vasta, continua a leggere. Non credere di dover abbandonare la ragione per essere una Cristiana.
Comunque: il Mistero non è qualcosa che sta gradualmente evaporando. Anzi cresce insieme con la conoscenza. Saluti ai tuoi professori.
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