Lupi: «Il governo deve dare risposte sulla crisi. Non cadrà per Berlusconi»

Di Redazione
21 Giugno 2013
Il ministro spiega di essere rimasto «allibito» per le decisioni della Consulta. Ma l'esecutivo continua a lavorare su Imu, Iva e lavoro

Maurizio Lupi, intervistato oggi da Repubblica, dice che il governo non cadrà per i problemi giudiziari di Silvio Berlusconi. A preoccuparlo maggiormente sono, invece, le questioni legate ai provvedimenti sull’economia. Il ministro delle Infrastrutture spiega che «questo governo nasce con uno scopo ben preciso. È un governo eccezionale, costituito in un momento eccezionale per dare risposte valide ai temi della crisi. È un governo che muore o continua a lavorare se fa le cose per cui è nato: l’Imu, l’Iva, il decreto lavoro».

DOV’E’ IL PD? Lupi dice che nel Pdl sono rimasti «allibiti e preoccupati» per la decisione della Consulta di non considerare come legittimo impedimento quello avanzato dall’ex premier sul processo Mediaset. «Il tema di fondo – chiosa – è rispettare l’autonomia della politica. Sottoporla all’autorità giudiziaria è preoccupante». Loda poi «il fortissimo senso di responsabilità di Berlusconi», che «quando ha ribadito che il sostegno al governo è cosa diversa dai giudizi dati sulle sentenze». Critica, invece, il Pd: «Non si tratta di criticare le sentenze o di una questione personale di Berlusconi, ma di tutelare l’autonomia della politica».

INTERDIZIONE PUBBLICI UFFICI. Se Berlusconi sarà interdetto dai pubblici uffici, i parlamentari del Pdl si dimetteranno? «Non credo – risponde Lupi – che le dimissioni siano la strada da percorrere. Sarebbe una strada sbagliata. La politica ha le sue regole e riteniamo che l’interdizione del leader avrebbe un risvolto politico e una risposta politica». L’interdizione per Berlusconi, aggiunge, «sarebbe un precedente molto grave», Berlusconi «viene eletto da 20 anni. E solo a febbraio ha preso 10 milioni di voti. Ora, fra l’altro, ne prenderebbe 13 milioni». «Questi mesi – conclude il ministro – confermano piuttosto che una parte della magistratura porta avanti un uso politico della giustizia».

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