
Lussuria
«Laddove si riconosca una gerarchia di valori oggettivi, il capriccio non è pericoloso. Qualsiasi cosa può legittimamente affascinarci se non ne alteriamo il rango. Quando invece supponiamo che sia il gusto a regolare il valore, la più lieve disattenzione scatena catastrofi. Le stupidaggini sono temibili quando si autoproclamano atti di ragione» (Nicolás Gómez Dávila, In margine a un testo implicito).
È qui che si scontra il penoso moralismo che toglie dalla scena gli innovatori della politica, i “cristiani finalmente adulti”, gli alternativi, tutti incapaci di definire un limite al buon senso o al gusto. Davanti all’uomo, non riconoscendogli alcun valore ultimo che non sia autoprodotto, blaterano giudizi su ogni cosa senza vergogna. Se ci fate caso, passiamo gran parte della giornata investiti da tv, giornali, persone che ci spiegano i loro gusti come criterio di giudizio, pretendendo che essi diventino regole di vita. Che palle. Lasciateci la libertà di proclamare il limite e di farci affascinare dalle puttanate. Mi fermo qui perché Gómez Dávila nello stesso libro scrive: «Sarebbe interessante verificare se c’è mai stata predica che non sia sfociata in assassinio».
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