
MA LE STELLE, CHI LE HA FATTE?
E’ notte, ma ancora per poco. Nel cielo della Val Passiria, oltre Merano, si stagliano le stelle del mattino. Quella più luminosa è Venere, le altre, chissà! Da generazioni hai perso la memoria di quei nomi. Ti viene però in mente un’altra notte, lontana di dieci anni ormai, una notte d’estate in Toscana col primo figlio di due anni in braccio, sotto a un identico cielo. (Nel buio assoluto della campagna le stelle appaiono come ravvicinate, e quasi non infinitamente lontane). Di quella notte, e di quello stormo di ragazzini che si rincorrevano in una corte, ridendo, sempre sfuggendo alle madri che li volevano mandare a dormire, mi è rimasta in mente la domanda di quel bambino di due anni. La domanda, improvvisa, era stata: «Ma le stelle, chi le ha fatte?».
Non: «Come sono fatte? Quando sono nate?», e altre pure interessanti questioni da enciclopedia delle scienze. Ma: «Chi le ha fatte?». Come, sotto alla imponenza di quel cielo, intuendo la questione radicale. Il come, il quando, il di che cosa, è la scienza, ma il “Chi” è la questione fondante. Qualcuno ha fatto le stelle, o le stelle si sono fatte da sole? E se qualcuno le ha fatte, chi è, uno capace di fare addirittura le stelle? Ricordo di avere preso in braccio quel figlio e di averlo portato a letto con meravigliata e confusa tenerezza. Mi angosciava in quegli anni l’idea di dovergli insegnare ciò che non sapevo, ma, scoprivo, in fondo si viene al mondo con, nella memoria, già le cose fondamentali.
La domanda di Pietro era la domanda di milioni di uomini primitivi che in centinaia di migliaia di anni, nelle foreste, nelle steppe, sotto a queste stesse stelle, in idiomi scomparsi, si sono chiesti esattamente la stessa cosa: questo cielo sopra di noi, chi lo ha fatto? Ed infiniti altari e riti e sacrifici hanno cercato di corrispondere a quell’Altro intuito dietro al cielo, a quel Dio nascosto eppure ostinatamente cercato. L’età che aveva mio figlio quando fece quella domanda, per Vico, è l’età primitiva dell’umanità. L’età bambina, in cui naturalmente ci si riconosce “creature”.
E questo è in fondo il nodo che attorciglia tutta la sfida dell’oggi. Creature, figli di un padre alle cui leggi attenersi, o esseri autonomi, nati adulti, figli di nessuno, che si dettano leggi da sé, secondo il volere della maggioranza, e nessun riguardo per una inesistente “legge di natura”? Creature o padroni? Le stelle, chi le ha fatte?
Un misterioso imprinting ci resta addosso fin dalla prima infanzia. Come una memoria. Poi scompare, e siamo liberi.
E anche questo è un dono.
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