Ma Mps non è ancora un terzo polo

Esiste davvero, il terzo polo bancario italiano dotato di vita propria? Oppure, con l’acquisizione non proprio a buon mercato dell’Antonveneta da parte del Montepaschi, assisteremo in realtà alla nascita di un duopolio e mezzo? Per essere più chiari: la strategia che ha condotto il brillante presidente di Mps Giuseppe Mussari a sferrare nella più completa sorpresa il blitz al quale il Santander non ha potuto né voluto dire di no, è una strategia di splendida alterità rispetto alle logiche di contrapposizione che animano il confronto tra Unicredit e Intesa, oppure in realtà c’è una preferenza per l’una o per l’altra che alla fine potrebbe condizionarne la partita che tutti immaginavano a due?
È presto per dirlo. Ma una molteplicità di indizi fanno pensare che una preferenza, e forse qualcosa più di una semplice preferenza, cova in cuore ai vertici dell’istituto senese, alla Fondazione iperpoliticizzata che continuerà in maniera anomala a esserne azionista di controllo, nonché agli ascendenti e riferimenti pubblici che intorno al Montepaschi fanno costellazione. Con il controllo di Antonveneta e superati i 3 mila sportelli sul suolo nazionale Mussari raddoppia la rete di vendita in Italia dei prodotti assicurativi di Axa. In apparenza, dovrebbe essere un atout che lo mette a briglie sciolte sulla via della piena concorrenza a Generali, e dunque fuori dal braccio di ferro per i nuovi vertici triestini che tanto condiziona tutte le altre partite aperte tra Unicredit-Mediobanca e Intesa, dai nuovi vertici di Telecom Italia a nuovi eventuali ribaltoni in Rizzoli-Corriere della Sera. Ma in realtà è così forse solo in apparenza. Un po’ di fiato sul collo di Generali da parte francese a Giovanni Bazoli dispiace assai meno che a Unicredit-Mediobanca. In primis perché restringe i margini di manovra di questi ultimi, qualora pensassero di controllare davvero il futuro del Leone alato. Secondo, perché complica il rapporto fra i vertici di Mediobanca e i soci francesi che sostengono Antoine Bernheim, visto che l’ipotesi di una futura grande intesa con Axa è sempre stato un retropensiero di Vincent Bolloré.
In più, con Antonveneta il Montepaschi si lega a doppio filo con Palladio-Hopa, dunque ha messo piede ben dentro il recinto di “quelli che contano” nella nuova Telecom. E ce lo ha messo dalla parte di Bazoli e di Intesa, non certo da quella di Unicredit-Mediobanca. Se vi fossero ulteriori dubbi, basti pensare alla fortuita coincidenza – ci rido sopra, naturalmente, le coincidenze di questo tipo non esistono mai – per la quale Romain Zaleski, il finanziere franco-polacco braccio armato dei circoli vicini a Bazoli, ha superato il 2 per cento del capitale di Mps poco prima dell’acquisizione di Antonveneta.
Nel mondo Ds, con Mps-Antonveneta termina l’orfanezza bancaria seguita all’eliminazione per via giudiziaria di Giovanni Consorte e della sua Unipol, che si candidava a crescere davvero fuori dai giochi. Lo schema oggi è molto diverso. Affiancare Bazoli, prodiano con forza propria, di riferimento veltroniano e non dalemiano, per poi stare a vedere con grande curiosità che cosa davvero avverrà di Cesare Geronzi in Mediobanca. Insomma, due poli e mezzo, non tre. A meno che Mussari non ci riservi dei colpi a sorpresa. E bisogna sperarlo, perché le grandi compere da parte di banche estere in Italia sono lungi dall’essere finite, come molti dicono.

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