
Macché crisi delle vocazioni. Negli Stati Uniti sono in aumento: giovani e laureati i nuovi sacerdoti
È bianco, giovane, laureato e con il posto fisso. Questo il nuovo identikit del prete “made in Usa” che smentisce i luoghi comuni sul sacerdozio come rifugio: «Quelli non avranno mai il problema di come riempirsi la pancia», si dice in America. È stato anche così, in passato, ma oggi non basta il vitto a rendere ragione del “boom” vocazionale nordamericano, iniziato durante il pontificato del beato Giovanni Paolo II e scoppiato sotto Benedetto XVI. Il seminario infatti si paga e gli stipendi d’oro dei sacerdoti sono una leggenda.
I DATI. L’indagine annuale del Centro di ricerca per l’apostolato (Cara) della Georgetown University non si sofferma però sullo stipendio ricevuto dal clero. Secondo i dati raccolti dal Cara in 17 anni sull’intero territorio federale, solo quest’anno i nuovi ordinati in America saranno 497 e la media della loro età è di 35, 5 anni. Sono entrati quindi in seminario tra i 27 e i 30 anni. Ma il 75 per cento è ancora più giovane, visto che la media è alzata dal 25 per cento delle vocazioni adulte che superano i 40 anni. Secondo questi dati, dunque, la Chiesa negli Stati Uniti continua a rinnovarsi e non è stata intaccata dagli scandali sulla pedofilia.
SOLI E POVERI? A spingere al sacerdozio non è poi l’incremento della solitudine né la miseria in cui vivono molti immigrati: quasi nessun sacerdote infatti è figlio unico, con il 52 per cento di loro che ha almeno due fratelli; il 67 per cento dei nuovi preti viene dalla popolazione bianca caucasica, mentre la comunità cattolica ispanica, immigrata e povera, fra le più grandi del Nord America (30 per cento), ha dato alla Chiesa solo il 15 per cento di vocazioni recenti. Minore, ma non in proporzione, il numero degli asiatici delle isole dell’oceano Pacifico che hanno scelto la strada del sacerdozio: sono il 10 per cento del totale, ma provengono da una comunità che rappresenta solo il 5 per cento dei cattolici a stelle e strisce.
EX MANAGER E LAUREATI. Il 65 per cento dei nuovi preti, infine, ha abbandonato lavori svolti per lunghi periodi di tempo con contratti a tempo pieno di cui la maggior parte manageriali, contabili o da liberi professionisti. Molti essendo entrati in seminario dopo il liceo non hanno fatto l’università, ma il restante 23 per cento si è laureato in economia o arte (33 per cento). Minore la frequentazione di corsi di filosofia o teologia (23). I restanti hanno studiato giurisprudenza, ingegneria e medicina.
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Si sa che le vocazioni sono anticicliche. In tempi di crisi crescono, scendono quando c’è benessere. Lo insegnano perfino a Economia in Cattolica.