
Macumbe navajos a Torino
Invecchio e invecchiando incattivisco. Lo dice anche il direttore che sono cinico. Tendo a inveire contro i tifosi, divento dispettoso. Ce n’è uno a Udine che tutte le volte che vado mi urla: «Scrivete che gli arbitri sono venduti». E io puntualmente do sempre 7 all’arbitro anche se è una chiavica. Odio quelli che ripetono sempre le stesse cose e soprattutto i luoghi comuni. Esempio: “il grande cuore del Torino”. A me il Torino e il suo grande cuore mi hanno frantumato i cosiddetti. Non ne posso più. Quelli del Toro hanno più simboli rituali dei navajos di Aquila della Notte. La loro è una religione malinconica e ripetitiva, come le peggiori religioni in circolazione. I loro simboli sono stantii e anche vagamente iettatori. Foto in bianco e nero, ricordi sbiaditi, un pezzo di carlinga e un carrello di aeroplano. Questi ultimi, una volta li tenevano al vecchio Filadelfia, nel sottoscala dove c’era il telefono pubblico. Dovevo telefonare con una mano sola. Con l’altra mi toccavo.
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