
Magnifica presenza, strani incontri a Monteverde
Una delle qualità più apprezzabili in un regista è la sua capacità di cambiare registro, virare su toni diversi dai precendenti lavori e stupire i prevenuti, che si aspettano sempre che il film in uscita sia praticamente identico al precedente. La produzione di Fernan Ozpetek negli anni ha abituato gli spettatori a riconoscere le tematiche più care al regista che spesso ritornano nelle sue pellicole: l’amore che non è mai come sembra ed è spesso omosessuale, le musiche arabeggianti che ricordano le sue origini, i personaggi dalla stazza grossa e ingombrante e dal sarcasmo innato e le vecchie glorie del passato cinematografico che l’Italia troppo spesso dimentica. Attorno ai suoi capisaldi, Ozpetek si muove con disinvoltura anche nel suo ultimo lavoro, Magnifica presenza, in uscita venerdi 16 marzo. Una pellicola originale, che abbandona la realtà che il regista ha spesso raccontato per immergersi in un mondo inesplorato, popolato da entità di dubbia provenienza.
Il protagonista è Pietro, un ragazzo siciliano che migra a Roma con il sogno di fare l’attore. La sua professione è fare i cornetti la notte, assieme ad alcuni colleghi stranieri con cui è difficile parlare. È un tipo solitario e molto timido e ha l’ossessione di mettere sempre tutto in ordine. Un giorno finalmente riesce a trovare la casa dei suoi sogni a Monteverde, un appartamento antico e un po’ decandente che non convince la cugina Maria, ma che a lui sembra bellissima. Con l’entusiasmo di chi ha finalmente raggiunto il sogno d’indipendenza Pietro comincia a dedicarsi anima e corpo alla ristrutturazione della casa, ma già dalla prima notte si rende conto di non essere solo. Pochi giorni dopo il suo arrivo, gli ospiti inattesi si presentano: sono alcuni componenti della compagnia teatrale Apollonio, elegantissimi ed educati, ma sembrano provenire da un’altra epoca. La faccenda si complica ulteriormente quando Pietro capisce che a vedere queste stravaganti presenze è solo lui.
Il passato colpisce anche l’Italia, dopo le curiose incursioni notturne negli anni Venti di Owen Wilson in Midnight in Paris. Elio Germano (Pietro) fa i conti con otto attori degli anni 40, belli, eleganti, perfettamente truccati e ignari di essere morti. E lentamente, superato il terrore iniziale, scopre in loro quegli amici e quei confidenti che non ha mai avuto, un’umanità che lo ascolta e gli dedica attenzione. Tra gli interpreti figurano Margherita Buy, che con Ozpetek ha lavorato in più di una occasione, Beppe Fiorello (nel ruolo che sarebbe dovuto essere di Colin Firth, il quale dopo l’Oscar per Il discorso del Re è stato sommerso d’impegni e ha dovuto rinunciare) e una Vittoria Puccini bellissima, che nei modi e nell’abbigliamento ricorda la grazia di Greta Garbo (a cui accenna in una battuta). Il regista italo-turco non crea fantasmi spaventosi, sporchi di sangue e assetati di creature umane, ma vira sui toni della commedia e dell’inverosimile nel momento esatto in cui lo spettatore sarebbe tentato di mettersi le mani davanti agli occhi. E, come da buona abitudine, il cineasta chiede aiuto alla scenografia e alle musiche per guidare l’occhio di chi guarda nei meandri di questa casa spettrale, custode di un segreto solo all’apparenza già del tutto svelato. E all’interno delle pareti di quest’abitazione della vecchia Roma, il passato e il presente s’incontrano e si confrontano, si aiutano e si svelano, e la moltitudine di umanità chiassosa ma sofferente prende per mano la solitudine di un ragazzo troppo timido e lo guida verso lo svelamento di se stesso.
Twitter: @paoladant
Articoli correlati
1 commento
I commenti sono chiusi.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!
I simply want to say I am just new to blogs and truly liked this web-site. Most likely I’m planning to bookmark your site . You absolutely come with terrific well written articles. Regards for revealing your website page.