
Allah è cristiano da oltre 400 anni in Malesia. Ma gli islamisti continuano ad opporsi in tribunale
Allah in Malesia non è solo il nome con cui i musulmani chiamano il loro Dio ma anche quello utilizzato dai cristiani nella locale lingua Malay. Nello Stato islamico dove vige la sharia, in cui i musulmani sono il 60 per cento della popolazione e i cristiani discriminati appena il 9, funziona così da almeno 400 anni. Negli ultimi anni, però, estremisti islamici hanno accusato la Chiesa cattolica di usurpare il nome del loro Dio, hanno bruciato chiese, sequestrato bibbie, minacciato giornali, portato in tribunale le gerarchie cattoliche e nel 2009 hanno perso.
POLEMICA SU ALLAH. Alle ultime elezioni, vinte di poco dal Barisan Nasional (Bn), al potere da oltre 50 anni, la diatriba sull’uso del termine Allah è stata riportata agli onori delle cronache e il Bn ha preso di mira i cristiani per guadagnarsi il voto dell’elettorato musulmano. Nel 2009 l’Alta corte di Kuala Lumpur aveva emesso una sentenza chiave e definitiva che autorizzava i cristiani a usare il termine Allah. Ma nel clima infuocato dalle elezioni, lo scorso 23 maggio è stato accolto il ricorso degli islamisti e ora la polemica dovrà essere esaminata dalla Corte di appello.
UNA PROVA DI 400 ANNI FA. Per dimostrare che il termine Allah non è di esclusivo utilizzo dei musulmani, come contestato per la prima volta al settimanale cattolico Herald nel 1998, la Chiesa cattolica nel 2011 aveva ristampato un raro dizionario malese-latino e latino-malese, pubblicato per la prima volta nel 1631 a Roma, che traduce il termine Dio con Allah. Una prova evidente che da oltre 400 anni la Chiesa è presente in Malesia e ha sempre utilizzato il termine Allah senza confondere i musulmani.
ROGO DELLE BIBBIE. Una delle accuse più ricorrenti degli islamisti, infatti, è che i cattolici utilizzino la parola Allah per confondere i musulmani ignoranti e convertirli così al cristianesimo. Proprio per questo motivo, lo scorso gennaio un gruppo islamico aveva organizzato come dimostrazione pubblica «un festival per bruciare le bibbie in lingua Malay», poi bloccata. Ora bisognerà attendere la nuova sentenza della Corte di appello per porre la parola fine alla diatriba e difficilmente i giudici potranno ignorare, oltre alle prove, il decreto ministeriale del 2011 con cui il governo di Kuala Lumpur ha dato il via libera all’uso della parola Allah nelle Bibbie in lingua Malay.
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1 commento
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Qualcuno dovrebbe insegnare, a questi fanatici, il “karshuni” (il dialetto arabo libanese parlato dai cattolici maroniti), e il maltese, l’unico idioma semitico (da un punto di vista sintattico-grammaticale, perché una buona metà delle parole più usate è d’origine neolatina), lingua ufficiale d’un paese europeo. In entrambi, “Dio” si dice “Allah”. Mio padre, trovandosi verso il 1960 ad Accra, nel neo-indipendente Ghana, entrato in rapporto d’affari con la locale comunità maronita, ebbe modo di conoscere il loro parroco, padre Abdallah Maroun. Mio padre inizialmente si meravigliò che un monaco e sacerdote cattolico portasse quel nome, che aveva conosciuto, da ufficiale in Libia agli inizi della II guerra mondiale, come nome mussulmano, molto diffuso fra i soldati libici. Il monaco gli spiegò che era soltanto un nome arabo, che significava “servo di Dio”, e che quindi andava benissimo anche per un monaco cristiano. E, da noi in Europa, quale “forzatura” delle lingue greca e latina hanno dovuto operare – i filosofi, prima ancora che gli apostoli e i loro successori – per usare senza equivoci le parole “Theòs” e “Deus”?