«Sulla manovra giudizio positivo, manca però una visione sui prossimi interventi»

«Questa legge di bilancio preserva la fiducia dei mercati ed è in continuità con Draghi. Il governo eviti tensioni con Bruxelles e acceleri sul Pnrr. Serve più supporto tecnico». Intervista all'economista Signorelli

Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti in Aula durante il voto sulla legge di bilancio (foto Ansa)

Governo e Parlamento corrono per l’approvazioni della manovra nei tempi stabiliti. Sono ore frenetiche di discussione, emendamenti ritirati, votati per sbaglio, conferme e marce indietro. È la prima legge di bilancio del governo Meloni, scritta in poco tempo e con poche risorse. Tempi ne ha parlato con Marcello Signorelli, ordinario di Politica economica all’Università degli Studi di Perugia e membro del consiglio di presidenza della Società italiana di economia, tra i promotori di Lettera 150, nonché autore di Politica economica (Giappichelli), manuale con l’eloquente sottotitolo Le politiche dopo la grande recessione e lo shock pandemico.

Che giudizio esprime sulla prima legge di bilancio del nuovo governo?

È un giudizio complessivamente positivo, nel difficile contesto economico e finanziario dell’Italia nonché considerando i tempi strettissimi fra formazione del governo e approvazione per evitare l’esercizio provvisorio. Ci sono molti interventi di dettaglio, alcuni molto condivisibili e altri decisamente meno.

Se dovesse individuare punti di forza e di debolezza di questa manovra, cosa indicherebbe? 

È una legge di bilancio che, prudentemente e con un buon coordinamento con il livello europeo, preserva la fiducia dei mercati finanziari e la sostenibilità dei conti pubblici. Vi è una continuità sostanziale con alcuni interventi del governo Draghi con particolare riferimento alle misure per il caro-energia (a favore di famiglie e imprese) che assorbono 21 dei 35 miliardi complessivi relativi alla manovra di bilancio; peraltro, andrebbe meglio valutato quanta parte di tali aiuti vanno a esclusivo beneficio dei destinatari “teorici” (famiglie e imprese energivore) e quanta parte va invece indirettamente ad accrescere o mantenere gli elevati profitti delle imprese del settore energetico. Inoltre, la gran parte degli interventi per il caro-energia hanno una copertura limitata al solo primo trimestre 2023 e, infine, non emerge con chiarezza una visione complessiva degli interventi che si intendono realizzare nella legislatura e le relative coperture.

Cosa resterebbe da fare nel breve periodo secondo lei?

Proseguire e accelerare l’attuazione del PNRR, sia in termini di riforme che di spese effettive; sul fronte delle riforme gli obiettivi possono ancora essere almeno formalmente conseguiti, mentre – come già evidente dalla NADEF presentata dal governo Draghi a settembre – nel 2022 la spesa effettiva su fondi PNRR sarà significativamente inferiore al preventivato, senza considerare gli aspetti qualitativi; tuttavia, se teniamo conto delle strutturali incapacità italiane di spesa sui fondi europei (e non solo) destinati ad investimenti e non solo, possiamo dire che con il PNRR un certo miglioramento si è visto, pur parziale rispetto all’ottimo auspicabile.

Proviamo ora a immaginare cosa il governo debba, a suo parere, assolutamente evitare nel medio e lungo periodo

Vanno evitate inutili tensioni con le istituzioni europee, nonostante la Bce abbia avviato una strategia di politica monetaria molto meno accomodante (con una riduzione dell’attivo da marzo 2023) pur con l’importante innovazione del luglio scorso relativa allo “scudo anti-spread”. Credo che comunque si sia preso atto che l’Italia è oramai da oltre due decenni pienamente inserita nell’Eurozona e, pur in un contesto di integrazione europea ancora incompleto, non può permettersi facili scorciatoie decisionali unilaterali. È auspicabile un rafforzamento delle decisioni a livello europeo in tema di politica estera e ricerca di una minore dipendenza energetica, nonché in termini di strategia diplomatica volta a favorire una tregua e un processo di pacificazione fra Russia e Ucraina.

Cosa avrebbe fatto o suggerito per prima cosa al nuovo governo su questo terreno?

Avrei rafforzato ulteriormente la capacità e la varietà di “supporto tecnico” (soprattutto da parte di economisti indipendenti) alle scelte e priorità di spesa e entrate pubbliche del Governo (nonché di singoli Ministeri e a supporto delle Regioni), decisioni e priorità che necessariamente sono – e debbono essere – di tipo “politico”; infatti, nonostante il PNRR, le risorse disponibili continuano a essere enormemente scarse rispetto alle tante necessità di intervento (per migliorare la crescita economica, la distribuzione del reddito, le opportunità occupazionali, la lotta alla povertà, ecc.) e quindi è ancor più cruciale avere solide valutazioni di impatto (ex-ante, in itinere e ex-post) delle molteplici decisioni relative alla spesa e alle entrate pubbliche.

Reddito di cittadinanza: la soluzione indicata è convincente?

La scarsità di risorse e il parziale insuccesso applicativo del Reddito di Cittadinanza giustificano in buona parte, a mio avviso, alcune modifiche decise dal Governo, fra cui la rimozione della condizione relativa all’offerta “congrua”, la riduzione fino a 7 mensilità nonché il rispetto degli obblighi formativi per i giovani fra 18 e 29 anni. Tuttavia, una riforma più complessiva e efficace degli strumenti di welfare per la lotta alla povertà da un lato e per un migliore incontro domanda-offerta di lavoro dall’altro resta ancora una necessità – da lungo tempo perseguita e non conseguita – per il nostro paese.

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