Parla Marlin, la 16enne svedese condotta dal fidanzato nelle mani dell’Isis e salvata dai curdi

Di Leone Grotti
25 Febbraio 2016
La ragazza è ora a Erbil ma secondo il Guardian quando è partita per Mosul era incinta. Nessuno sa che fine abbia fatto il suo bambino

Marlin-Stivani-Nivarlain

Una ragazza svedese di 16 anni, scappata con il fidanzato a Mosul, capitale irachena dello Stato islamico, è stata portata in salvo dall’esercito curdo. Marlin Stivani Nivarlain si trova a Erbil da una settimana e martedì ha rilasciato un’intervista all’emittente Kurdistan 24.

«OK, NON C’È PROBLEMA». Nell’estate del 2014 la ragazza ha conosciuto un ragazzo che dopo qualche tempo le ha proposto di andare in Siria. «Ha detto che voleva andare nello Stato islamico», afferma la ragazza. «Io gli ho detto: “Ok, non c’è problema”. Non sapevo che cosa fosse l’Isis o l’islam, niente. Lui aveva cominciato a guardare i loro filmati e parlava di loro».

IL LUNGO VIAGGIO. Il 31 maggio del 2015 i due sono partiti, viaggiando attraverso l’Europa («Svezia, Danimarca, Germania, Ungheria, Serbia, Bulgaria») in treno e automobile fino in Turchia, sono entrati in Siria e da lì sono stati portati in autobus in Iraq, a Mosul, conquistata dai jihadisti nel 2014. Qui alla coppia è stata messa a disposizione una casa, dove però «non c’era niente, neanche l’acqua o l’elettricità. In Svezia avevamo tutto, lì era completamente diverso. Eravamo anche a corto di soldi».

TELEFONATA ALLA MAMMA. Appena ha potuto utilizzare un cellulare, Nivarlain ha telefonato alla madre «dicendole: “Mamma, voglio tornare a casa”. Mia mamma ha contattato le autorità svedesi e loro hanno contattato…». A questo punto la ragazza smette di parlare dicendo di non riuscire a leggere. Alcune delle risposte, infatti, potrebbero esserle state fornite dalle autorità curde, che hanno dichiarato di averla tratta in salvo nei dintorni di Mosul. Un’ipotesi plausibile è che il governo svedese abbia pagato un riscatto per farla uscire dalla città.

E IL BAMBINO? La ragazza è originaria della città di Boras e secondo il governo curdo «potrà tornare a casa non appena saranno sbrigate le necessarie formalità». Rimane sospeso un particolare inquietante di cui la ragazza non parla nell’intervista. Secondo il britannico Guardian, quando la ragazza è partita per la Siria era incinta e avrebbe partorito a novembre a Mosul. Né dalle dichiarazioni del governo curdo, né da quelle della ragazza si riesce a capire se il neonato sia vivo, se sia rimasto in territorio jihadista o se Nivarlain abbia potuto portarlo via con sé.

@LeoneGrotti

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1 commento

  1. Menelik

    Questo è uno dei rari casi in cui ritengo giustificabile accettare il rientro in patria della ragazza da parte della autorità.
    Tutti coloro che sono andati laggiù a combattere da mercenari (leviamoci dalla testa il combattente idealista, che non esiste) io non li riprenderei indietro: lì sei voluto andare, e lì hai da restare.
    Comunque anche da questa storiaccia abbiamo l’ennesima dimostrazione di chi sono gli alleati e chi i nemici: i Curdi sono considerati terroristi dai Turchi che sono membri NATO, e gli alleati del leader NATO, cioè l’Arabia Saudita e Quatar, hanno favorito l’isis.

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