
Martini, leader del “partito intellettuale”
Il cardinale Carlo Maria Martini lascia la diocesi di Milano. E sorge il problema della valutazione di una figura che ha avuto una rilevanza nella Chiesa attraverso il mondo più di quella che ne abbia avuto nella sua diocesi milanese. Se Tettamanzi ha governato Genova guardando a Milano, Martini ha guardato al mondo lasciando governare al vasto apparato diocesano milanese se stesso. La Compagnia di Gesù è l’organismo cattolico più potente ed ha guardato al Concilio non come un punto d’arrivo ma come un punto di partenza; ha cioè rappresentato la tesi che il Vaticano II era solo un inizio e che occorreva ripensare interamente il rapporto tra Chiesa e modernità, cambiando radicalmente la figura della Chiesa. Fu l’impostazione che diede alla Compagnia il generale Pedro Arrupe, e che si scontrò con la linea papale, prima di Paolo VI, poi con Giovanni Paolo II, che commissariò la Compagnia, cioè chiuse drammaticamente il generalato del padre Arrupe. Il cardinale Martini ha perciò rappresentato, in forma moderata, una linea di composizione della Chiesa con la modernità. In realtà ciò venne fatto più mediante allusioni che pronunciamenti precisi. Sarebbe difficile trovare un documento del cardinale Martini che abbia un senso dottrinale preciso. Anzi egli ha coperto sempre tutti i provvedimenti del cardinale Ratzinger ivi compreso il più delicato, la Dominus Jesus. Sarebbe impossibile pensare ad uno scontro con il cardinale Ratzinger sul concetto di comunione ecclesiale come quello che ha coinvolto a più riprese il cardinale Ratzinger con il cardinale Kasper, Martini è un biblista non un teologo e di teologia penso proprio non si è mai interessato. La diversità si è espressa al massimo con dei “segnali” come la proposta della donna diacono o il lancio del Vaticano III, fatta nell’ultimo sinodo dei vescovi. Ma tuttavia ciò è bastato per dare l’impressione che egli fosse un italiano diverso, a cui l’appartenenza ad un settore internazionalizzato come quello degli studi biblici dava l’impressione di emergere sulla cultura parrocchiale della Chiesa italiana: insomma un leader del partito intellettuale. In qualche modo Martini ha rappresentato una riserva, non esplicita ma pur chiaramente presente, alla gestione vaticana, così da apparire, fuori della Chiesa cattolica, il più ecumenico dei candidati al Papato. Il mondo è molto cambiato da quando la compagnia di Gesù adottò la sua linea postconciliare. Le teologie del “partito intellettuale” non hanno più il prestigio degli anni ‘60 e ‘70, in cui dominarono l’immagine della Chiesa. Oggi la Chiesa è la Chiesa dei Movimenti, delle esperienze spirituali, del primato del cuore sulla ragione strumentale, sul biblismo positivista e sulla teologia politica e della liberazione che ha fatto perdere milioni di fedeli alla Chiesa cattolica nell’America latina. Il cardinale Martini ha rappresentato una stagione storica che ora si è conclusa.
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