Mater semper certa? Con l’eterologa come farebbe a decidere re Salomone?

Di Stefano Spinelli
22 Giugno 2014
Millenni di storia umana e di certezze genealogiche e di identità genetiche travolti da una sentenza emanata da pochi giudici. Da oggi un figlio può essere figlio di due madri

Una prima conseguenza l’ha già prodotta. La sentenza della Corte Costituzionale che dichiara l’illegittimità costituzionale del divieto della fecondazione eterologa, stabilito nella Legge 40, avrà sul groppone la responsabilità di aver demolito una delle poche inamovibili certezze dell’uomo, che sin dall’origine della sua comparsa sulla terra lo avevano rassicurato e tranquillizzato. Gli antichi romani, che la sapevano lunga di diritto e di principi, avevano magistralmente tradotto: «Mater semper certa est».

D’altra parte era ben difficile dar loro torto. La natura delle cose, la semplice osservazione dei fatti imponeva di riconoscere che un figlio era figlio di chi lo partoriva, e che quest’ultima doveva essere sua madre inequivocabilmente a tutti gli effetti. E non vi era deroga o eccezione che tenesse. Era così punto e basta. Non esisteva prova contraria!

Millenni di storia umana e di certezze genealogiche e di identità genetiche travolti da una sentenza emanata da pochi giudici. Da oggi un figlio può essere figlio di due madri: una madre genetica, praticante la cosiddetta ovodonazione, e una che potremmo chiamare madre biologica, la partoriente, quella che avrebbe dovuto essere la mater certa del diritto romano, quella basata sull’osservazione della natura umana.

La Consulta ha realizzato quello che generazioni di donne non erano riuscite a conseguire. È la vera e assoluta parificazione tra i generi maschile e femminile, la più alta e completa vittoria del femminismo e della rivoluzione della donne, in tutto e per tutto equiparate al loro nemico di sempre, il maschio-padre, non sempre certo della sua discendenza. Così, anche la donna-madre non poteva essere da meno. D’ora in poi, quindi, anche mater incerta est. Per volontà della nostra Corte Costituzionale. Amen.

E si avrà un bel dire e precisare che comunque il diritto ben potrà stabilire inequivocabilmente chi dovrà essere la vera madre, quella genetica o quella biologica. Sarà pur sempre una scelta artificiosa, una decisione imposta per legge o per regolamento o per contratto, che poco ha a che fare con la reale esistenza di quel figlio-figlio di due madri e di un accordo negoziale tra le due madri, per decidere quale di esse si aggiudichi il titolo definitivo, o figlio di un comma di legge, che salomonicamente ne attribuisca la maternità.

A proposito. Se Salomone dovesse decidere oggi, cosa succederebbe? Credo che deciderebbe esattamente al contrario di quello che il nostro ordinamento giuridico stabilisce a seguito della citata sentenza.

Oggi la madre è quella che si rivolge alle strutture sanitarie  – perché tutto si svolge pubblicamente, con il nulla osta dello stato, secondo i crismi e le procedure asettiche stabilite dal pubblico, con la forza della legittimità delle norme. La madre è quella che chiede la compartecipazione genetica di una terza persona per soddisfare il proprio desiderio di maternità. La donatrice, la madre genetica, non ha per legge alcun diritto, non può pretendere nulla, non può rivendicare alcuna legittima maternità. Può solo donare il proprio patrimonio genetico, secondo le nuove regole di schiavitù imposte dalla nostra società perbenista e politicamente corretta. E mi chiedo che differenza ci sia alla fine tra donazione e vendita di gameti femminili e se veramente il diverso titolo contrattuale rende meno disumana la questione. Ma tant’è. Secondo la Consulta «la determinazione di avere o meno un figlio, anche per la coppia assolutamente sterile o infertile, concernendo la sfera più intima e intangibile della persona umana, non può che essere incoercibile». Con buona pace dei figli con due madri e delle madri genetiche senza diritti.

Allora, Salomone cosa avrebbe deciso?

Probabilmente avrebbe dato il figlio alla madre donante, che rinuncia ad avere il figlio e la qualifica di madre pur di salvare la vita el figlio. E non invece a chi usa gameti femminili altrui per soddisfare il proprio desiderio (pur legittimo) di maternità.

Ma Salomone non è la nostra Corte Costituzionale e avrebbe risolto alla radice il problema, confermando il divieto di fecondazione eterologa contenuto nella nostra legge 40 e giudicando conforme alla natura umana il millenario “mater semper certa est”.

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14 commenti

  1. Giacomo Rocchi

    Devo dire la verità: che sia stata la Corte Costituzionale a demolire con la recente sentenza la regola “mater semper certa”, come sostiene Spinelli nell’articolo di oggi, non mi pare affatto.

    L’art. 9 comma 3 della legge 40 del 2004 stabiliva, infatti (già prima della sentenza della Corte Costituzionale) che “in caso di applicazione di tecniche di tipo eterologo in violazione del divieto di cui all’art. 4, comma 3, il donatore di gameti non acquisisce nessuna relazione giuridica parentale con il nato e non può far valere nei suoi confronti alcun diritto né essere titolare di obblighi”.
    La norma si riferisce chiaramente sia alla donazione di gameti maschili, sia alla donazione di ovociti femminili.

    E allora: diciamo che lo scardinamento del principio “mater semper certa” nasce con le tecniche di fecondazione in vitro che, appunto, permettono di trasferire nel corpo di una donna embrioni prodotti con ovociti di donna diversa.
    La legge 40 – certo – vietava le tecniche di fecondazione eterologa, ma legittimava la fecondazione in vitro. La scelta tra vietare e permettere il ricorso a queste tecniche fu: “è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita …” (art. 1, comma 1).

    Vi chiedete come mai il legislatore che aveva vietato la fecondazione eterologa aveva ritenuto di regolamentare la situazione creatasi a seguito della violazione del divieto, per di più permettendo a chi aveva violato la norma di ottenere proprio il risultato che perseguiva (essere madre di un bambino geneticamente figlio di un’altra donna)? Un po’ come se l’art. 628 del codice penale sulla rapina recitasse: 1. E’ vietata la rapina ed è punita con la reclusione … 2. Nel caso in cui, in violazione del divieto di rapina, un soggetto sottrae violentemente un bene ad un’altra persona, il bene sottratto è di sua proprietà”.
    Già: perché il legislatore ha previsto questo? Non sarà che egli era già consapevole che quel divieto era inefficace, per di più favorito dalla non punibilità delle coppie che ricorrevano alla fecondazione eterologa (art. 12 comma 8 della legge)?

    Non voglio certo difendere la Corte Costituzionale … ma la scelta di fondo fu fatta nel 2004: “è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita”.

    Giacomo Rocchi

    1. AndreaX

      Il caso Pertini docet.

    2. Giovanni Cattivo

      Paradossalmente la penso come Giacomo.
      Se il fatto che esista una madre genetica e una madre biologica e un padre genetico e uno sociale sono considerati problemi legati alla soluzione di una situazione di infertilità facciamo presto a trovare soluzioni. Magari non perfette, ma sicuramente efficaci. Nel caso specifico si decide che la madre biologica è l’unica ad avere diritti. Come in caso di abbandono alla nascita è la madre sociale quella considerata genitrice a tutti gli effetti di legge, non la madre biologica,. Se una volta adulto il figlio di due madri o di due padri vorrà conoscere i propri genitori genetici potrà farlo, in alcuni casi previo consenso del donatore, in altri anche senza, è un aspetto su cui si può discutere. Lo stesso vale per i fratelli genetici.

      Ma se partiamo dal presupposto che avere un padre e una madre che sono anche i genitori biologici è un diritto inalienabile del bambino non abbiamo altra scelta che vietare sempre ed in ogni caso ogni tipo di fecondazione assistita, anche non eterologa. Perchè si sa benissimo, come dite sempre, come vanno queste cose: una volta aperto uno spiraglio la deriva è inevitabile. E in nessun caso si permette che questo diritto venga violato affidando i bambini nati in violazione della norma ad una famiglia di cui uno solo è il genitore biologico del pupo, l’esempio della rapina mi pare, all’interno di questa forma mentis, tragicomicamente esemplare. Quindi se non può avere tutti i genitori di cui a diritto un bambino non deve averne nessuno ed essere affidato ad una casa famiglia. I diritti son diritti e non si scherza.

      Concludo affermando solennemente che quello ad avere due genitori che sono anche i progenitori biologici colma una necessarissima lacuna nel panorama dei diritti dei fanciulli.

      1. Ale

        @ Giovanni Cattivo..passi con disinvoltura da un’opinione al suo esatto contrario. In altri post elogiavi culture dove vige il poli-amore ed i bambini sono allevati da tutto il villaggio, senza mai sapere chi e’ il padre a la madre a quest’ultima affermazione dove in sostanza dici che hanno ragione Stoppanski, Toni, Cisco ecc. Ed in un tuo vecchio intervento dicevi che eri pronto a donare il tuo seme a donne lesbiche o con marito non fertilie..poi se si tratta di donne diventi intransigente e diventa anche per te che debba vigere il detto latino “Mater semper certa est”. Complimenti. Mi sa che te eri a favore solo per un motivo..peccato ti avevo giudicato diverso da questi.

        1. Nino

          @Ale: conosci il significato della parola “ironia”? 🙂

        2. Giovanni Cattivo

          Alòe o detto che il diritto dei bambini ad avere un padre e una madre che coincidono con i progenitori biologici colma una

          1. Giovanni Cattivo

            (post partito per errore, continuo) necessarissima, dico NECESSARISSIMA lacuna nel panorama dei diritti dell’infanzia 🙂 🙂

          2. Ale

            @Giovanni Cattivo mi chiamo Ale e non Aloe , che al massimo si beve come antinfiammatorio naturale ( io non ho tali poteri) , cosa intendi per “progenitori biologici” al limite genitori biologici e poi nell’eterologa, in genere, solo uno dei due non è “biologico” con il figlio. Poi quali sono le “lacune necessarie” anzi issime nel panorama dei diritti dell’infanzia? Mah non ho capito..forse volevi dire che era necessario colmare una lacuna nel panorama dei diritti dell’infanzia con il diritto di far conoscere al figlio le proprie origini?!

    3. Nino

      Si possono fare un paio ipotesi:

      il legislatore era illuminato, sapeva che proibire qualcosa che che all’estero è legale vuol dire solo agevolare i ricchi ma non evitare che venisse fatta, e si è quindi preoccupato di regolamentare i casi di non osservanza della legge al di fuori dei confini nazionali

      Il legislatore era ottuso ma non poteva fare a meno di tenere in conto i casi già avvenuti e quelli in essere (visto che una gravidanza dura in genere 9 mesi)

      1. leo aletti

        L’articolo dell’avvocato Stefano Spinelli è equivoco, infatti è favorevole alla fertilizzazione in provetta.

        1. Ale

          I fertilizzanti io li uso per le piante..non so Lei. Si dice fecondazione.

  2. filomena

    Aggiungo, senza nulla togliere alle certezze dei romani su “mater sempre certa est” che all’epoca non poteva essere che così visto che la genetica non esisteva. Se fosse esistita, la risposta sarebbe stata un’altra e non credo che si sarebbero fatti tutti questi problemi.

    1. Fran'cesco

      “Brava” Filomena, sempre al cuore del problema…

  3. leo aletti

    il metodo della fecondazione in provetta è veterinario, applicarlo come si fà, all’ homo sapiens è sbagliato; essendo tolto l’atto unitivo da quello procreativo madre e padre diventano incerti. Meglio l’affido o l’adozione.

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