Meeting. Benedetto XVI ci ha insegnato «l’umanità della fede»

Durante l'omaggio che il Meeting ha reso a Ratzinger, la vaticanista portoghese Aura Miguel e monsignor Bellandi hanno spiegato perché la gente lo amava: «Era davvero amico di Gesù e ci ha aiutato ad allargare la ragione»

Come mai c’era così tanta gente ai funerali di Benedetto XVI il 5 gennaio in Piazza San Pietro? Come mai persone da tutto il mondo a ridosso dell’Epifania sono accorse a Roma «per un Papa emerito che negli ultimi dieci anni è rimasto lontano dalla vita pubblica e che godeva di cattiva stampa?». C’è una semplice frase del Rogito inserito nella bara del Pontefice che lo spiega, secondo la vaticanista portoghese Aura Miguel: «Benedetto XVI pose al centro del suo pontificato il tema di Dio e della fede, nella continua ricerca del volto del Signore Gesù Cristo, e aiutando tutti a conoscerlo».

Benedetto XVI, «vero amico di Gesù»

Durante l’omaggio che martedì il Meeting ha reso a Joseph Ratzinger, «un atto di gratitudine e riconoscenza», come ha detto il moderatore Andrea D’Auria, direttore del Centro internazionale di Comunione e liberazione, la vaticanista portoghese Miguel ha dato del Papa tedesco la definizione più bella che si potesse trovare. Il popolo cristiano (e non solo) lo seguiva non solo perché era intelligente, un grande intellettuale e un gigante della teologia; non solo perché era sensibile, profondo e geniale; non solo perché come nessun altro è stato in grado di sfidare con umiltà le menti del nostro tempo e di correggere con coraggio la Chiesa durante la terribile piaga degli abusi. La gente lo amava perché «Benedetto XVI era davvero amico di Gesù, perché ha messo sempre al centro Gesù».

Non solo, continua la vaticanista che ha seguito Ratzinger in 24 viaggi papali in giro per il mondo. I fedeli restavano affascinati dal suo «rapporto umile con la verità». Il tema della verità e della sua ricerca tramite l’unione di ragione e la fede sono stati al centro del suo pontificato. E non è un caso che nel 1977, quando fu ordinato arcivescovo di Monaco, scelse notoriamente come motto: “Cooperatores veritatis”. Si riteneva un collaboratore della verità e lo spiegava così: «Dal momento che nel mondo di oggi l’argomento “verità” è quasi scomparso, perché appare troppo grande per l’uomo, e tuttavia tutto crolla, se non c’è la verità, questo motto episcopale mi è sembrato il più in linea con il nostro tempo, il più moderno, nel senso buono del termine».

Cosa significa essere «cattolici adulti»

La ricerca della verità, nota giustamente la vaticanista, «lo ha reso un uomo attento e realista». E come tutti gli uomini intelligenti, «apprezzava la fede dei semplici», come ben dimostrano queste frasi contenute nella sua autobiografia, La mia vita: «Nonostante tutte le ricerche scientifiche e tecnologiche la capacità di cogliere quello che veramente conta è data ai più piccoli». E da arcivescovo di Monaco, rivolgendosi ai suoi pari, diceva: «Non sono gli studiosi a determinare ciò che è vero nella fede battesimale, ma è questa che determina ciò che è valido nell’interpretazione degli studiosi. Dovrebbero essere i semplici a valutare gli intellettuali».

Benedetto XVI – di cui il cardinale Christoph Schönborn disse: «La sua opera teologica è paragonabile a quella di sant’Agostino per estensione e completezza» – riteneva di dover essere giudicato dai semplici. E che non fosse machiavellica captatio benevolentiae lo si capisce da un passaggio della sua omelia in occasione della messa pro eligendo pontefice del 2005, in apertura del conclave che lo vedrà eletto al soglio di Pietro. Disse ai cardinali:

«Siamo chiamati a essere realmente adulti nella fede. Non dovremmo rimanere fanciulli nella fede, in stato di minorità. (…) Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie. Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. È lui la misura del vero umanesimo. “Adulta” non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. È quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità».

«Un uomo strapieno di desiderio»

Benedetto XVI non era quella persona fredda e anaffettiva dipinta dai giornali, che non perdevano occasione per attaccarlo perché lo temevano. Era anzi «strapieno di desiderio, condizione essenziale perché l’intelligenza della fede diventi intelligenza della realtà». Ma non ogni desiderio è buono e ordinato al suo vero scopo, conoscere Dio, ricordava in una catechesi del 2012, a 85 anni:

«Abbiamo bisogno di promuovere una sorta di pedagogia del desiderio. (…) In primo luogo, imparare o re-imparare il gusto delle gioie autentiche della vita. (…) Anche gli adulti hanno bisogno di riscoprire queste gioie, di desiderare realtà autentiche, purificandosi dalla mediocrità nella quale possono trovarsi invischiati. Diventerà allora più facile lasciar cadere o respingere tutto ciò che, pur apparentemente attrattivo, si rivela invece insipido, fonte di assuefazione e non di libertà. E ciò farà emergere quel desiderio di Dio di cui stiamo parlando. (…)  Tutti abbiamo bisogno di percorrere un cammino di purificazione e di guarigione del desiderio. Non si tratta, dunque, di soffocare il desiderio che è nel cuore dell’uomo, ma di liberarlo, affinché possa raggiungere la sua vera altezza».

«Benedetto XVI ci ha fatto allargare la ragione»

Se Ratzinger era amato è perché, chiosa la vaticanista, «non ha mai smesso di aiutarci ad allargare la ragione per riconoscere Dio presente e per giudicare la realtà». Questo lo ha fatto anche con una produzione teologica sterminata e con discorsi che resteranno nella storia. Durante l’incontro al Meeting, al quale ha partecipato anche Andrea Tornielli, il compito ingrato e improbo di riassumerli è toccato a monsignor Andrea Bellandi, arcivescovo metropolita di Salerno-Campagna-Acerno.

Bellandi ha ricordato efficacemente come per Benedetto XVI la cesura contemporanea tra ragione e fede, che finisce per «soffocare l’uomo», derivi dalla pretesa umana di conoscere la verità esclusivamente con il metodo scientifico-positivo, che relega la fede alla sfera del soggettivo e dell’opinione.

Come disse magistralmente al Reichstag di Berlino nel 2011:

«La ragione positivista, che si presenta in modo esclusivista e non è in grado di percepire qualcosa al di là di ciò che è funzionale, assomiglia agli edifici di cemento armato senza finestre, in cui ci diamo il clima e la luce da soli e non vogliamo più ricevere ambedue le cose dal mondo vasto di Dio. E tuttavia non possiamo illuderci che in tale mondo autocostruito attingiamo in segreto ugualmente alle “risorse” di Dio, che trasformiamo in prodotti nostri. Bisogna tornare a spalancare le finestre, dobbiamo vedere di nuovo la vastità del mondo, il cielo e la terra ed imparare ad usare tutto questo in modo giusto».

Un’amicizia che spalanca le porte della vita

Benedetto XVI resterà nella storia e nel cuore di tutti i cristiani perché, conclude monsignor Bellandi, «ha passato la vita a mostrare l’umanità della fede».

È quello che gli premeva testimoniare fin dal primo giorno del suo pontificato, quando riprendendo Giovanni Paolo II disse nella sua prima messa da pontefice, il 24 aprile 2005: «Chi fa entrare Cristo, non perde nulla, nulla – assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande. Solo in quest’amicizia si spalancano le porte della vita. Solo in quest’amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana. Solo in quest’amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera. (…) Non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto». L’esistenza umana, ricorda il titolo del Meeting, è una amicizia inesauribile.

@LeoneGrotti

Foto Meeting

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