Meeting. La clamorosa fede senza riserve nel beato José Gregorio Hernández

Una mostra pazzesca, sovrabbondante di colori, altari, testimonianze video, murales. Pazzesca come la storia del “medico del popolo” venezuelano che diede la sua vita per la pace

Parte di un murales della mostra “Il medico del popolo. Vita e opera di José Gregorio Hernández” al Meeting

Immaginate Caracas e tre milioni di persone che commosse seguono un corteo funebre fino al cimitero esclamando «il dottor Hernández è nostro». Ci sono docenti, religiosi, povera gente, medici e pazienti: è il 30 giugno 1919, sciamano da tutto il Venezuela per salutare José Gregorio Hernández Cisneros, il «medico dei poveri e della pace» che tutti già chiamano «santo». Il medico che il 28 giugno disse «io do la mia vita per la pace nel mondo» e il giorno successivo se lo portò via una delle pochissime automobili in circolazione a Caracas fuori da una farmacia dove si era recato per comprare dei medicinali necessari a una anziana paziente appena visitata. Poche ore dopo, il trattato di Versailles poneva fine alla Prima guerra mondiale.

Dal Meeting alle strade di Caracas

Al Meeting c’è una mostra pazzesca, sovrabbondante di colori, altari, testimonianze video, murales. Pazzesca come spudorata e senza riserve è la fede che milioni di persone, non solo in Venezuela, ma in ogni angolo di mondo, da Los Angeles alle Filippine, nutrono da oltre cent’anni per il dottor Hernández. C’è voluto un processo canonico lungo 72 anni per arrivare alla beatificazione del medico, umile ragazzo di un villaggio sulle Ande, Isnotù, nello stato di Trujillo, e poi studente coltissimo che a trent’anni parlava già cinque lingue e si era specializzato in microbiologia e batteriologia, istologia normale e patologica e fisiologia sperimentale a Parigi, Berlino, Madrid, New York. E che tornato in patria per intraprendere la carriera universitaria (fu lui a introdurre l’uso del microscopio nel paese) non chiese mai alcun compenso ai poveri visitati, offriva anzi loro il denaro per comprare le medicine:

«Quante volte è stato visto affrettarsi con un fagotto sotto il braccio che presumeva di nascondere, ed era un cappotto per una vecchia infreddolita; quante volte, passando accanto a una famiglia che sapeva essere bisognosa, gettava, senza fermarsi e con cautela per non essere visto, qualche aiuto in denaro; quante volte, sfidando la pioggia, vagava per la periferia e finiva in una baracca sudicia dove c’era bisogno delle sue cure; quante volte, infine, tendeva la mano all’interessato per restituire o una frase di massima delicatezza! Sappiamo di alcune anime buone tra quelle favorite dai suoi doni che, convinte della sua pietà e dell’efficacia delle sue suppliche, osarono implorare la sua benedizione, alla quale egli rispose con la più santa evasione: “Con tali titoli venne chiamato, e lo fu davvero, il dottore dei poveri…”».

Con queste parole sui pannelli, ma soprattutto con le immagini, i murales dei ragazzi di Brera, la santa reliquia e la ricostruzione degli altari e delle vie di Caracas la mostra “Il medico del popolo. Vita e opere di José Gregorio Hernández” catapulta il Meeting nei luoghi della devozione popolare venezuelana, all’ascolto delle testimonianze mai formali, trattenute, ma sempre sovrabbondanti di gratitudine e cuore delle persone che hanno ricevuto una grazia. Non servono parole, dovete andare nel padiglione C3 per incontrare un beato che ha vissuto intensamente da uomo, una figura che è stata – e continua ad essere – decisiva come fattore di unità di un popolo.

Il miracolo della piccola Yaxury

Tempi vi aveva raccontato come in piena pandemia fosse arrivato l’annuncio: la Commissione Medica della Congregazione delle Cause dei Santi aveva vagliato e giudicato scientificamente inspiegabile la guarigione di una bambina attribuita all’intercessione del medico dichiarato venerabile da Giovanni Paolo II nel 1986.
Il miracolo risale al 2017: era il 10 marzo quando la famiglia Solórzano venne aggredita da uomini armati. Nel corso della rapina la piccola Yaxury, di appena dieci anni, fu raggiunta da una fucilata all’orecchio destro. Venne portata in fin di vita all’ospedale più vicino, distante quattro ore di barca: il proiettile le aveva fratturato l’osso parietale, provocato un edema cerebrale e non c’era un neurochirurgo disposto a operarla. Erano già passate quarantotto ore quando, dopo aver perso molto sangue e massa cerebrale, la piccola venne ricoverata in un’altra struttura dove venne spiegato ai suoi genitori che si sarebbe tentato un intervento chirurgico disperato.

Fu allora che la mamma si raccolse in preghiera chiedendo il miracolo a Josè Gregorio Hernandez. La bambina era stata attaccata a un respiratore: secondo i medici non ce l’avrebbe fatta, in caso contrario avrebbe comunque riportato gravissime disabilità intellettive e motorie a causa dell’enorme danno cerebrale riportato. La mamma non cessò di pregare il venerabile: quattro giorni dopo Yaxury iniziò a reagire positivamente a tutti gli esami, una settimana dopo la bambina camminava, venti giorni dopo usciva dall’ospedale completamente rimessa e in piena salute. Di tutte queste cose diede testimonianza il neurochirurgo che la operò, Alexander Krinitzky, e venne certificato dalla Congregazione vaticana delle cause dei santi. José Gregorio Hernández venne beatificato il 30 aprile 2021 a Caracas, su mandato di Papa Francesco.

Il sacrificio del medico per la pace

Dicevamo il miracolo riconosciuto nel 2017, ma il primo fu proprio la sua morte, va ripetendo Alejandro Marius, presidente di Trabajo y Persona e curatore della mostra, portando un grandissimo e commosso gruppo di visitatori – quanti ragazzi! – nelle case delle famiglie venezuelane, nel santuario di Isnotù  colmo di milioni di ex voto, nelle cappelle di cliniche e ospedali o nelle baracche della povera gente dove non manca mai la statuina di gesso del beato che spese ogni istante della sua vita rischiandola tra i malati, specialmente quando la spagnola colpì il Venezuela, e intere famiglie vennero confinate in casa senza cibo e senza cure, denunciando che ad ammazzare così tanta gente (80 mila morti) non sarebbe stata la sola epidemia, ma la miseria umana, sanitaria ed economica in cui il regime aveva gettato la popolazione. Una vita spesa fino a offrirla perché «ogni atto di carità è un atto di pace», ripete Marius che in una sala gremita del Meeting ha lasciato dialogare di pace e unità possibili, a partire dalla figura del beato Gregorio, l’arcivescovo metropolita di Caracas Baltazar E. Porras Cardozo, il direttore della clinica Ong (Oidos, Nariz y Garganta) José Manuel “Chema” Colmenarez, Chiara Locatelli, Neonatologia Policlinico Sant’Orsola, e Franco Nembrini, scrittore ed insegnante.

«Non abbiamo seppellito un uomo, ma un ideale umano», si scrisse della morte del beato Gregorio, non solo un altro santo o un altro medico, ma «l’espressione più profonda di ciò che vorremmo essere: persone buone», ha ribadito monsignor Porras Cardozo ricordando l’uomo che con la sua santità e amicizia continua a salvare la vita  generando il popolo di Dio.

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