
Meglio un uovo oggi che un bambino domani

Solo tre tedeschi su dieci (il 31 per cento) ritiene che sia peggio abortire un bambino rispetto a sminuzzare un pulcino maschio. È lo sconcertante risultato di un sondaggio condotto dall’Istituto di Erfurt Insa-Consulere per il Tagespost nei giorni in cui il mondo osanna il ministro tedesco dell’Agricoltura Julia Kloekner per aver proposto una legge che vieterà dal 2022 di uccidere i pulcini maschi.
IL BARBARO DESTINO DEL PULCINO DI SERIE B
Contesto: ogni anno in Germania (come in altri paesi europei) vengono uccisi 45 milioni di pulcini con il gas o con la triturazione meccanica. Perché? Perché i pulcini ovaioli non sono “utili”, sono “difettosi” (occhio ai termini) non producono uova e non tutti diventeranno mai dei bei polli da carne interessanti per l’industria alimentare. «L’uccisione dei pulcini appena nati non è eticamente accettabile e non può essere che un animale venga ucciso in base al proprio sesso», ha dichiarato il ministro presentando un disegno di legge che prevede anche una seconda scadenza: entro il 2024 gli allevatori dovranno adottare tecnologie per riuscire ad identificare il sesso della creatura presente nell’uovo fecondato prima del settimo giorno di incubazione (oggi è in grado di farlo solo tra il nono e il 14esimo giorno), perché dal settimo giorno, afferma il provvedimento «l’embrione inizia a provare dolore». Una sorta di aborto preventivo, da perseguire tramite test genetico alle uova o esame delle stesse con un fascio di luce spettroscopica, per eliminare i pulcini prima della schiusa, soluzioni, secondo il ministro, abbastanza sostenibili nonostante l’aumento di costi anche per gli allevatori e certamente “più umane”.
È PEGGIO UCCIDERE UN BAMBINO O UN PULCINO?
Insomma: mentre il mondo elogia la fine delle crudeltà, l’arrivo di marchi quali “RespEggt” sui banchi del supermercato, il cambiamento epocale per le piccole vittime, il Tagespost, quotidiano cattolico, lancia un sondaggio in cui invita oltre duemila intervistati a confrontarsi con l’affermazione: «Secondo me è peggio abortire i bambini che sminuzzare i pulcini maschi». Risultato? Il 17 per cento di questi dice che non sa cosa pensare e la maggior parte delle persone che concordano che uccidere un feto sia peggio dell’uccidere un pulcino sono tutti anziani over 65 anni, il 37 per cento di quella fascia d’età. Per il resto, solo il 25 per cento dei giovani tra i 18 e i 19 anni e il 28 per cento degli adulti tra i 40 e i 49 anni concorda con l’affermazione.
Sul piano religioso, a concordare con l’affermazione è il 42 per cento dei cattolici, il 34 per cento dei protestanti, il 42 per cento degli islamici. Da segnalare il rifiuto categorico dell’affermazione da parte dei sostenitori della sinistra (dal 16 al 60 per cento) e dei Verdi (dal 26 al 43 per cento). In tutto, solo il 31 per cento dei tedeschi intervistati (3 su 10, appunto) ritiene che sia più grave sopprimere una vita umana in gembo del sopprimere un pulcino appena uscito dall’uovo.
NEL PAESE DEI POLLI
Perché, nel paese che con grande clamore battaglia per il rispetto del dolore dell’embrione di pollo, condanna la discriminazione dei neonati piumati in base al sesso e si batte contro il ridurre a vita di serie B quella di un pulcino solo perché inutile per il mercato, un dibattito analogo per gli esseri umani non ha cittadinanza. A che pro interrogarsi e trovare soluzioni “umane” per fermare il trend di oltre centomila aborti di esseri umani ogni anno (100.893 nel 2019), trovare le immagini dei feti risucchiati in clinica o degli embrioni espulsi in bagno più repulsive di quelle diffuse sulla pratica brutale della triturazione dei pulcini, o ancora smettere di chiamare “grumi di cellule” embrioni a cui riservare lo stesso destino dei pulcini maschi d’allevamento?
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