
Memoria e fede
I concetti fondamentali del cristianesimo sono a un tempo il frutto di una rivelazione e l’insegnamento di un’esperienza. La Scrittura non sarebbe comprensibile senza il soccorso della lunga esperienza che la Chiesa ha fatto di essa. Il dogma stesso è il frutto di una intelligenza dei misteri che comprende l’esercizio della mente umana.
Il cristianesimo è figlio dell’obbedienza della fede e dell’esaltazione della creatività. Oggi abbiamo un nuovo sforzo delle potenze del male per attaccare il cristianesimo sul piano in cui esso emerge in nuova forma, cioè come pensiero e come civiltà.
Non si può infatti separare la Chiesa dalla cristianità cioè il Sacramento ecclesiale dal corpo dei cristiani, come si è costruito nel tempo e che è stato l’esperienza di fede all’interno della storia.
Pensiamo alla parabola evangelica del seme gettato sulla terra o della rete rivolta alla pesca: il cristianesimo si impianta sulla terra e vi disegna un suo spazio, che non è il paradiso né il purgatorio né l’inferno: è il Regno di Dio in condizione storica, quindi aperto ad affrontare le potenze del male senza poterle distruggere.
La cristianità è uno sforzo per non abbandonare il mondo al “principe di questo mondo”, cioè Satana. Questa battaglia avviene non cambiando la Chiesa in una società di perfetti, ma ponendola come una comunione di peccatori la cui forza è soltanto la fede che opera attraverso la carità. E la cristianità è il volto storico del Regno di Dio, il Regno nella sua dimensione di lotta temporale con il Maligno.
Vi è una distinzione tra Chiesa e cristianità: la Chiesa consiste sempre nella potenza della parola del Sacramento che è la dimensione oggettiva della guida dello Spirito Santo e della sua presenza intangibile nel cuore del tempo. La cristianità è invece il corpo storico dei cristiani come si realizza secondo il tempo in spiritualità, cultura, politica, poesia, arte, istituzioni, in tutte le forme dell’esistenza umana. Il mistero di Dio è conservato nella Chiesa, il volto storico del Regno è attuato nella cristianità. Questa distinzione è di carattere dogmaticamente metafisico, indica in forma storica l’umano-divinità del Cristo, l’unione e la distinzione che costituiscono l’essenza del Verbo di Dio incarnato.
Abbiamo dimenticato quanto importante sia la cristianità, sia come traccia nel tempo che come tappa del Regno. Quando il Papa ha chiesto con tanta forza la memoria delle radici cristiane nel Trattato-Costituzione europeo, non chiedeva un riconoscimento alla Chiesa. Questo, in qualche modo, era già ottenuto con le incorporazioni nel Trattato delle regole dei rapporti tra Chiese e Stato vigenti nei singoli paesi. Il Papa ha chiesto la memoria di quel grandioso processo storico che fu l’incivilimento europeo, nato dalla fusione del pensiero greco, del diritto romano, della religiosità ebraica e della sintesi cristiana che si impose senza violenza sia all’Impero romano sia ai nuovi poteri germanici. E da cui tutto è nato, compresa quella fiducia nella potenza della ragione, dell’intelligenza, dell’intuizione, della creatività che ha fatto dell’Europa la struttura fondante della civiltà mondiale.
La civiltà europea fa parte del Regno di Dio nella storia che passa attraverso tutti i limiti che la creazione dal nulla comporta, compresa la possibilità del successo del male. Il Regno di Dio nella storia comprende le sue glorie come le sue ferite.
Oggi il multiculturalismo vorrebbe separare ancora una volta l’Europa dalla cristianità e fare delle sue origini cristiane un evento casuale e marginale. Ma il cosmopolitismo si fonda sulla negazione dell’idea di un valore condiviso, non lo è nemmeno più la libertà. Il multiculturalismo parifica, sotto il segno dell’uguaglianza, tutte le religioni senza tenere conto dell’unica storia che si è racchiusa attorno al cristianesimo. E l’unico valore che il multiculturalismo riconosce è l’inesistenza di un valore che non sia l’eguaglianza di tutti i valori. Il nichilismo, il culto del nulla, rivela qui il suo volto satanico, purtroppo senza che i cristiani si rendano conto di cosa voglia dire che l’Europa perde la memoria delle proprie radici.
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