
Meno battute su “sfigati” e “mammoni” più libertà nel mercato del lavoro
Anticipiamo l’editoriale che apparirà sul numero 06/2012 di Tempi in edicola da domani.
L’articolo 18 è una questione di civiltà», dicono i sindacati. Ora, a parte l’“inciviltà” delle aziende sotto i 15 dipendenti dove l’articolo 18 non si applica, come si fa a difendere princìpi che andavano bene nel ’68, quando il mondo era diviso tra lo “statuto dei diritti dei lavoratori” di qua e, di là, una classe operaia affamata e priva di diritti perché aveva già raggiunto “la società dell’uguaglianza”? Come si fa, nell’anno 2012, in un mondo dove l’operaio-schiavo cinese ci invade con prodotti che hanno costi del lavoro almeno del 70 per cento inferiori ai nostri, a difendere norme rigide come l’articolo 18?
Gli indici europei di produttività collassano e un sistema ultrasindacalizzato come la Grecia si trova con un quarto della popolazione attiva disoccupato e gli impiegati pubblici che grufolano nelle discariche. Come interpretano questa situazione i sindacalisti italiani? Come minimo dovrebbero imparare un po’ di umiltà, visto che Cgil, Cisl e Uil sono le uniche “imprese” sopra i 15 dipendenti escluse dall’articolo 18, non sono toccate dalla crisi in quanto il loro esercito di funzionari è stipendiato dal prelievo sui redditi dei lavoratori, sono dotate dallo Stato di un patrimonio immobiliare immenso, non hanno l’obbligo di presentare bilanci certificati. Detto ciò, non sembrano molto intelligenti i ministri che menano il can per l’aia con queste parasociologie dei giovani “sfigati” e “mammoni”.
Caro Monti, vuole un consiglio? Suggerisca alla Fornero di farsi un po’ meno beghina: invece di impartire lezioni di genere e pedagogia arcigay, dica se le riforme devono toccare solo i tassisti o se intende sul serio sfrondare l’albero morto dell’impiego pubblico e liberare il lavoro dai lacci che impediscono a chi è giovane di competere per entrare nel mercato, a chi è dentro, di lavorare come Dio comanda, altrimenti di essere accomodato alla porta.
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1 commento
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Francamente non ci ho ho capito gran che in quest’articolo,l’unica cosa chiara è che anzich’è premere sulle nazioni che vogliono commercializzare nel nostro paese ad adeguarsi alle nostre regole,i nostri governanti e confindustria chiedono a noi di fare un passo indietro e di adeguarci al loro sistema, c’è qualcosa che mi sfugge…
Qualche anno fa è capitato a me e se non ci fosse stato l’art. 18 mi sarei trovato a 47 anni con un’assegno inps dimezzato rispetto al mio stipendio. I licenziamenti avvengono comunque anche nelle grandi aziende, secondo me si vuole indebolire totalmente il sindacato e rendere il lavoratore ad un usa e getta… i problemi occupazionali sono ben altri forse le tasse che le aziende devono pagare? tangenti?
Stpendi e benefit manegeriali spoporzionati rispetto agli stipendi dei dipendenti medi, il nostro salario ha un potere d’acquisto fermo a diversi anni fa, credo che i veri problemi sia altri.
Antonio