Meno male che c’è Joseph

Di Gianni Baget Bozzo
11 Ottobre 2001
Il mio cuore ha sobbalzato di gioia nel leggere lo scarno resoconto di Avvenire del discorso del cardinale Ratzinger. Ho letto, da fedele cattolico romano tutti i discorsi dei vescovi, in genere si potevano sostituire l’uno con l’altro.

Il mio cuore ha sobbalzato di gioia nel leggere lo scarno resoconto di Avvenire del discorso del cardinale Ratzinger. Ho letto, da fedele cattolico romano tutti i discorsi dei vescovi, in genere si potevano sostituire l’uno con l’altro. Sembrava una assemblea di soggetti interscambiabili. Certo, ogni tanto il cuore sentiva il tocco della gioia, ma in genere si sbadigliava di noia. Perché i vescovi del sinodo debbano dire cose così anonime di cui non si riesce a cogliere la punta, il senso, è difficile da comprendere. Possibile che sia tutta colpa della segreteria? Poi ha parlato Ratzinger. Roma locuta est. Io non avevo all’inizio gran simpatia per Ratzinger: infine era un teologo della maggiornaza che ha condotto il Concilio ad un diluvio verbale. E, soprattutto, era autore con Rahner (nomen per omen) di un testo progressista sulla collegialità. Come avrà rimpianto il cardinale del santo Uffizio, l’autore della definizione della Chiesa come communio questa definizione dell’episcopato come collegio, da cui ci ha salvato la minoranza tradizionale in concilio con la nota praevia! Ma questa volta ho sentito Ratzinger e, come i vescovi di Calcedonia, urlato: Roma locuta per os Josephi. Non ho a disposizione che il testo di Avvenire; ma c’è già da godere a sentire il cardinale Meisner dire che molta dell’attuale secolarizzazione è dovuta all’autosecolarizzazione praticata dai vescovi. «Una autoesclusione dalla testimonianza di fede ridotta ad ufficio di moderazione: quasi un tacere per il quieto vivere»; Ratzinger ha detto che «entrare nella successione apostolica significa anche entrare una lotta che il problema centrale del nostro tempo è lo svuotamento della figura storica di Gesù, perché Gesù impoverito non può essere l’unico salvatore mediatore, se viene sostituito con l’idea dei valori del regno e non diventa una speranza di vita». Per questo è necessario «tornare al Gesù dei Vangeli, al vero gesù storico ed i vescovi devono avere il coraggio di giudicare e di decidere con autorità in questa lotta per il Vangelo». Mi sono commosso perché nel ’67 facevo Renovatio, la rivista antiprogressista voluta dal Cardinale Siri. Il nostro autore era Burger Gerardsohn, scandinavo feroce avversario della «storia della forma e della creatività antiecclesistica dei vangeli». Ma perché è solo Ratzinger a dire queste cose mentre il generale dei gesuiti fa un discorso passabilmente sociologico? Ad ogni modo la voce dell’ortodossia oggi parla tedesco, purtroppo nel Vaticano secondo non era così. E Ratzinger infine non fa primavera, da solo.

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