È ora che l’assessore della malaparola chieda scusa a Dolce&Gabbana

Di Redazione
16 Dicembre 2015
Per riconoscenza verso Milano, i due stilisti hanno devoluto una grossa cifra alla Scala. Due anni fa un membro della giunta Pisapia li squalificò come «evasori»

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«Ero un bambino delle elementari e mi è rimasta impressa l’illuminazione del teatro con quelle 365 lampadine, una per ogni giorno dell’anno. Certo, pur essendo innamorato della Scala, non potevo frequentarla. Mia madre faceva la portinaia e mio padre era operaio. Altro che Scala. Le scale potevo solo lavarle». Con questa simpatica dichiarazione a Repubblica, lo stilista Stefano Gabbana ha spiegato perché, assieme a Domenico Dolce, ha deciso di diventare socio fondatore del Teatro alla Scala di Milano.

DARE UNA MANO. Sebbene i due imprenditori non abbiano voluto rendere nota la cifra devoluta, si sa che per diventare fondatori e soci è richiesto da statuto il versamento di 600 mila euro in un periodo non inferiore ai cinque anni. Non solo: i due stilisti sostengono le rette di 20 studenti della scuola di ballo. «Ci teniamo tantissimo – hanno spiegato -: per noi supportare la Scala è un modo di ringraziare Milano per tutto quello che ha fatto per noi, è la città che ci ha dato il nostro mestiere, dove siamo diventati stilisti e imprenditori. Ma non potevamo dimenticare i ragazzi che hanno bisogno di una mano: chiedono solo di studiare, di allenarsi, di provare, dimostrano una dedizione verso l’arte e un’etica del lavoro ammirevoli, uniche nel loro genere. La vita, a noi due, ha dato tanto, ha premiato il nostro lavoro: come non dare una mano, potendo farlo, a ragazzi così?».

CHIEDERE SCUSA. Tanta generosità e riconoscenza non hanno potuto non fare tornare in mente le polemiche di due anni fa. Fu allora che l’assessore alle Attività produttive di Milano, Franco D’Alfonso, in base solo a una sentenza di primo grado, li bollò come «evasori fiscali», auspicando che il Comune chiudesse le porte a loro eventuali richieste. La dichiarazione non passò inosservata: Dolce e Gabbana reagirono chiudendo «per indignazione» i loro nove punti vendita a Milano per tre giorni.
Poi, come vi spiegammo su tempi.it ben prima della sentenza della Cassazione, la vicenda si chiuse nella maniera più ragionevole. A ottobre 2014 la Cassazione decretò che i due stilisti non erano colpevoli di alcuna evasione fiscale e il Pd cittadino si scusò con loro per i frettolosi giudizi espressi in precedenza. Ma, se non ci sbagliamo, D’Alfonso non ha mai pubblicamente ritrattato la sua uscita, anzi. Potrebbe farlo ora, se solo riuscisse a dimostrare un minimo di eleganza. Anche se non si è stilisti, sarebbe ora il caso di sfoggiarla.

Foto Ansa

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7 commenti

  1. Giuseppe

    Passeggiavo in Milano.Arrivo nei pressi di piazza San Babila e vengo attratto dal negozio di Dolce e Gabbana.Ma a colpirmi,anzi a lasciarmi basito,non erano le leccornie stilistiche,ma la ricostruzione della Natività che occupava l’ampia vetrata.Si.Il presepio.Entro e chiedo la provenienza e la ragione di quello scenario.Sono statue costruite su ordinazione da valenti artigiani e mi si informa che è consuetudine,data la ricorrenza,allestirne la scena.Che dire.Esterno la mia soddisfazione ed uscendo penso:”speriamo che Elton
    Jhon si tenga alla larga*.Sia mai,visto il precedente.
    Grazie di cuore a Dolce e Gabbana.

  2. Martina

    Ma sì, hanno solo portato i soldi in Lussemburgo per sport, mica per evitare di pagarci le tasse sopra. Che poi per il nostro ordinamento sia tutto “normale”, non toglie la realtà che quello che hanno fatto è stato pagare meno di quanto avrebbero dovuto.

    1. Giuseppe

      La sig.ra Martina ha forse letto le motivazioni della sentenza?O, forse,le sentenze hanno valore solo quando sostenute da una larga approvazione popolare.Magari ottenuta con overdosi di programmi televisivi che argomentano con i”per me”,”chiunque al suo posto”,”ma dai chi vuoi che sia stato”,”la solita Italia”,”ste cose succedono solo da noi” etc etc.

    2. Sebastiano

      Più o meno come ha fatto Marchionne e un botto di gente come lui.
      Ma non mi pare di aver sentito urla di dolore, in quel caso. E nemmeno sussurri, anzi tanti applausi all’imprenditore-manager “coraggioso e innovativo”.
      Com’è?

  3. gianluca s.

    L’assessore ha ancora un po’ di spazio per rimediare. L’eleganza già l’ha persa, se non si scusa rimarrà un cialtrone ( in buona compagnia).

  4. SUSANNA ROLLI

    L’Italia che è brava anche a “tirarsi la zappa sui piedi”…Incredibile!

  5. Francesco M.

    Questi politucoli l’eleganza, ma soprattutto l’umiltà non sanno nemmeno cosa sia.

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