
Milano tra primati e sostenibilità ambientale

Milano si conferma per il quarto anno consecutivo la città più ‘smart’ d’Italia, secondo la classifica di CityRate che mette a confronto 106 capoluoghi di provincia in base a tutta una serie di indicatori. Ma è anche uno dei luoghi più inquinati del paese al punto che il sindaco Beppe Sala si augura un rallentamento del ritmo frenetico che la contraddistingue. Sono le due facce della medaglia del capoluogo lombardo diviso tra modello di efficienza e desiderio di una migliore qualità della vita in una fase in cui il referendum per l’autonomia regionale è fallito anche se il tema è lontano dall’essere archiviato. In un’intervista rilasciata martedì al Corriere della Sera, Sala ha annunciato che spingerà il più possibile su mezzi elettrici, bici e car sharing per contenere i livelli dello smog e ha bollato come un ‘errore’ quello di tenere aperti i negozi anche di notte. Insomma, il primo cittadino di Milano promuove la difesa dell’ambiente come priorità della sua amministrazione che intende “ripensare i tempi della città”. C’è da domandarsi come questa “rivoluzione del rallentamento”, come lui stesso l’ha definita, si possa conciliare con una Milano altamente produttiva che coltiva l’ambizione di diventare capitale europea della finanza nonché polo d’attrazione di nuovi investimenti dall’estero. Una sfida su cui si giocheranno i programmi e la credibilità delle amministrazioni comunali dei prossimi anni.
Intanto, la classifica italiana delle smart city vede di nuovo il capoluogo lombardo al primo posto, e a netta distanza dalla maggior parte delle altre città, in termini di crescita economica, mobilità sostenibile, ricerca e innovazione e trasformazione digitale. La città conquista un ottimo posizionamento anche per innovazione sociale, sviluppo urbano e amministrazione condivisa. Sul podio salgono anche Bologna, al secondo posto, e Firenze al terzo. Seguono poi Venezia, Trento, Bergamo, Torino, Ravenna, Parma e Modena a completare la “top ten” delle metropoli più smart della penisola.
Scendendo nei dettagli della ricerca, si vede che Milano è al primo posto nel 20% degli indicatori utilizzati per redigere la classifica con numeri che la rendono più simile a una metropoli del nord Europa che dell’Italia. Qualche esempio? Il capoluogo lombardo è al primo posto per produttività, con 46.227 euro di valore aggiunto pro-capite contro una media italiana che è pari a 22.751 euro, cioè meno della metà. In termini di imprenditorialità, poi, la città conta 12,9 imprese attive per 100 abitanti contro 8,9 di media nazionale e in questo caso la distanza non è così vistosa, anche se il dato suggerirebbe, considerato il già citato livello di produttività, che quelle sul territorio milanese siano aziende di dimensione maggiore rispetto alle altre provincie esaminate. Le distanze di Milano con il resto del paese si allargano sul fronte della diffusione della banda ultra larga, con 9,5% abbonamenti sulla popolazione residente e una media nazionale di gran lunga inferiore (1,4%). E diventano un abisso se si considera la diffusione del coworking, con il 22,5% del totale dei servizi offerti a fronte di una media che è dello 0,8%. Anche l’home banking risulta molto più diffuso con 70,8% di clienti ogni 100 residenti (42,7% di media). E rilevanti sono i risultati sul fronte del trasporto locale, con un’offerta che vede 16.218 posti al chilometro per abitante e una media italiana di 2.391. La diffusione del bike sharing, infine, non ha eguali con 3,5 biciclette disponibili ogni 1000 abitanti (media 0,5).
Tutti questi indicatori sembrano davvero consacrare diversi primati per la città di Milano, ma la stessa ricerca suggerisce che resta ancora molto lavoro da fare soprattutto in ambito ambientale – come il consumo di suolo (in questo caso il capoluogo lombardo è 97°posto in Italia), per la qualità dell’aria (98° posizione) e sul fronte della legalità e sicurezza (83° posto). E sono questi ultimi posizionamenti, soprattutto quelli riguardo ad ambiente e sviluppo urbano, a preoccupare Sala che sembra disposto a innescare un’inversione di tendenza sacrificando un po’ di efficienza a vantaggio della qualità della vita e della salute.
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