Né teo né neo, ma solo con Ratzinger

Di Caterina Giojelli
30 Giugno 2005
DAL "DIO ESISTE?" AL "COME SE DIO NON ESISTESSE": PAOLO FLORES D'ARCAIS PROVOCA L'ARCIVESCOVO DI BOLOGNA CARLO CAFFARRA. MA LA DEMOCRAZIA DEL "DIPENDE" NON TROVA SPAZIO IN CHI SIA DOTATO DEL BEN DELL'INTELLETTO

Bologna. Etsi Deus non daretur, “come se Dio non esistesse”. No, stavolta Scalfari non c’entra, lui, che «a causa di un refuso» trasforma l’invito papale a vivere la morale «come se Dio non ci fosse», che si scusa per quel “non”, che ammette l’errore ma non ritira le accuse di blasfemia a Benedetto XVI. No, è solo un titolo, figlio di una provocazione vecchia cinque anni, quando il filosofo Paolo Flores d’Arcais volle confrontarsi con l’allora cardinale Ratzinger sul tema “Dio esiste?” al teatro Quirino di Roma. Complice la presentazione dello stenografico romano, oggi il direttore di MicroMega approda al nuovo quesito “Etsi non daretur: dittatura del relativismo o premessa di libertà democratiche?”, e sceglie nell’arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra, e nella biblioteca del convento di San Domenico della città felsinea il suo novello Quirino.
«La religione è compatibile con la democrazia? Dipende. La religione cattolica? Dipende». Vecchio copione. «Papa Wojtyla ha sostenuto che un Parlamento che voti una legge difforme da quella naturale, come l’aborto, è un Parlamento illegittimo». Ma se “legge naturale” rimanda a un piano religioso – come spiegò Ratzinger, «alla legge del Dio creatore» – per d’Arcais si è schiavi di obbedienza molto poco democratica: «Quale Dio, quale Natura? Chi deciderà se c’è nel cosmo una verità?». La democrazia del filosofo non tollera verità assolute, solo pluralità di opinioni, e un riconoscimento minimo di valori sui quali la maggioranza non ha parola. La libertà di scelta sulla vita, «appartiene a me e ne faccio quello che voglio».

democrazia della ragione O RAGIONAMENTI?
Agli applausi di Sinistra universitaria Caffarra domanda: «è legge naturale che il ferro nel fuoco si dilati, ma che non vada tradita la fiducia dell’amico? Nessun pensatore cristiano o pontefice ha ricondotto al biologico la definizione di “legge naturale”, bensì alla capacità non soprannaturale di discernere cosa è bene e cosa è male». Legge Socrate, e Cicerone, legge di un “potere dei più” e di una «capacità di individuare i comportamenti lesivi che è la ragione dell’uomo» fin dall’era precristiana. Ricorda San Tommaso – «colui che fugge il male non perché è male, ma a motivo del comando di Dio, questi non è libero; ma colui che fugge il male perché è male, questi è libero» -, una verità opinabile ridurrebbe la democrazia a una supremazia di interessi opposti.
«Qual è il nucleo di valori condivisi davvero inalienabili? In base a cosa si definiscono? Chi li stabilisce?», le domande di allora a Ratzinger tornano a Caffarra, torna l'”esperimento morale” del filosofo alla platea: «Wojtyla ha paragonato l’aborto alla strage nazista dei bambini ebrei, ma avreste più resistenza a cenare con una donna che ha abortito o con un signore delle Ss che ha gettato un bimbo ebreo in un forno?». Tornano perché per d’Arcais l’uomo è rimasto «la strana scimmia che insorge contro l’istinto e si dà una norma morale. Cosa dovrebbe volere la Chiesa in antitesi alla dittatura del relativismo? La democrazia della verità assoluta, una contraddizione di termini! Su quale lista prestabilita di verità?». Non piace l’idea di una «democrazia deliberativa, basata sull’uso del dialogo argomentativo e della logica» ipotizzata da d’Arcais, e ancor meno pensare che richiamare l’uomo alla ragione comporti una posizione di supremazia sull’altro, «io, a differenza di Flores d’Arcais – sentenzia l’arcivescovo – ho grande stima della ragione umana». Sarà perché subito il pensiero corre alla ragione che ha portato il 75,5 per cento delle “strane scimmie”, credenti e non, a ricusare gli “argomenti” referendari, che il filosofo rimbrotta come «su temi controversi come il diritto al suicidio assistito o il matrimonio omosessuale, non possiamo già sapere dove pesa la legge naturale o un uso retto della ragione». Ma nemmeno argomentare la conclusione di un arcivescovo: «L’uomo appartiene a se stesso per un altro, perché ordinato all’altro, lei prescinde dalla capacità dell’uomo di amare. Non siamo in disaccordo sulla legge naturale, ma sull’uomo, la sua natura, la sua antropologia».
Gad Lerner al Quirino aveva chiesto a d’Arcais se fosse possibile vivere senza fede: «Basta intendersi sulla parola fede», aveva risposto quello. Non lo pensava Ratzinger in La verità cattolica pubblicato in appendice da MicroMega: «L’addio apparentemente indifferente alla verità su Dio e sull’essenza del nostro io, l’apparente soddisfazione per non doversi più occupare di tutto questo inganna. L’uomo non può più rassegnarsi a essere e restare, quanto a ciò che è essenziale, un cieco nato. L’addio alla verità non può mai essere definitivo». Ma il filosofo di oggi, come il filosofo di allora, ha un’unica risposta: «Dipende».

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.