
Negozi storici di Milano. Due storie di quartiere premiate per la lunga attività

“Negozio storico”. Viene definito così un’attività commerciale che abbia festeggiato il traguardo di almeno 50 anni di apertura. Con questo titolo, conferito dal 2004 dalla Regione Lombardia, in questi dieci anni sono stati premiate 1200 attività, appartenenti una ventina di categorie merceologiche.
Il 20 ottobre scorso, sono state premiate 76 attività pluridecennali, alla presenza dell’assessore regionale al commercio Mauro Parolini. Tra queste, una delle pasticcerie storiche della città di Milano, la pasticceria Cucchi, in corso di Porta Genova, che era già stata premiata come locale storico d’Italia, come racconta il signor Cesare Cucchi: «Essere premiati anche come attività commerciale ci ha dato molta gioia. Siamo aperti da 80 anni, e di apprezzamenti ne abbiamo avuti tanti, ma questo fatto dalla Regione Lombardia ha qualcosa in più. Non ci si finisce mai di migliorarsi, comunque».
PANETTONE TUTTO L’ANNO. La tradizione pasticciera milanese ha sede in Porta Genova dal 1936, ma quando è stata aperta lo scenario era davvero differente da quel che è ora: «Era una zona periferica, non molto abitata e la pasticceria era frequentata solo dai residenti. Ora vengono da tutte le parti della città, e Porta Genova ha cambiato volto. Ma noi rimaniamo fedeli a come eravamo all’inizio». I locali della pasticceria, infatti, sono sempre gli stessi. Qui c’è il calore di una volta: «L’arredamento è lo stesso di quando abbiamo aperto, ai nostri clienti piace molto, lo apprezzano. Nessuno ci ha mai proposto di cambiarlo, e noi dopo 80 anni ci siamo affezionati. Anche l’insegna è sempre la stessa. Era stata rovinata in un bombardamento del 1943, e l’abbiamo fatta replicare». Milano per la pasticceria vuol dire “panettone”, e i Cucchi in questo hanno osato: «Lo proponiamo tutto l’anno, non solo in maniera stagionale. È il dolce simbolo di Milano, è un peccato poterlo degustare solo pochi mesi all’anno».
TRE GENERAZIONI. Una storia fortemente radicata in un quartiere, come quella della Gioielleria Brunetti, in quel di Lambrate, aperta dal 1925. La prima sede era in via Vittorio Emanuele (ora chiamata via Conte Rosso), poi spostata a pochi passi di distanza in via Rombon, quando ci si è ingranditi, racconta Paolo Brunetti, della terza generazione. Paolo come il primo Brunetti che ha aperto l’attività: «All’epoca Lambrate non era un quartiere di Milano, ma un comune a sé. In breve tempo la gioielleria è diventata il punto di riferimento della zona. Nel 1947 la mia bisnonna Anita è rimasta vedova, e ha preso in mano l’attività insieme ai tre figli, e vent’anni dopo nel 1967 si è traslocato in via Rombon. Ci hanno dato l’onorificenza di negozio storico per la continuità della nostra attività. Novant’anni di azienda non è da tutti, a Milano siamo ben pochi».
La Gioielleria Brunetti ora è in mano a Paolo, sua moglie e suo fratello, ed è ancora il punto di riferimento della zona: «Le persone fermano mia zia, ormai ottantenne, per strada, per farle i complimenti del riconoscimento dell’attività. E poi ci riempie di gioia sapere che molti di quelli che hanno comprato i gioielli e orologi da noi molti anni fa, oggi li hanno passati a figli e nipoti. Quindi in un certo senso facciamo parte di tante famiglie».
LA CONCORRENZA DELLA RETE. Certo là fuori il mercato è una guerra, ma la famiglia Brunetti continua a cercare di proporre qualcosa di diverso: «I grandi marchi hanno ormai ognuno il suo punto vendita in centro, è inutile per noi seguire quella strada. Puntiamo su altro, su noi stessi, perché è il servizio che si dà al cliente che fa la differenza, più ancora della merce che si propone». Dal 1925 all’ecommerce, tutto è cambiato: «Le persone inseguono compulsivamente il prezzo più basso. Talvolta entrano in negozio solo per chiedere quanto costa un gioiello o un’orologio, e se ne vanno in fretta, per andare a controllare sul pc se è più conveniente comprarlo on line o da noi. Io cerco di catturare la loro attenzione, di farli riflettere per esempio su quanto può essere simbolico un oggetto di valore. Magari lì per lì lo acquistiamo per un battesimo o un’altra ricorrenza, solo per dovere. Non pensiamo che tra vent’anni il destinatario del regalo troverà quel gioiello nel cassetto e penserà a noi. Cerchiamo di fare la differenza su questo. In rete questo certo non lo trovi», scherza Paolo Brunetti.
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