Nel western elettorale preferisco il bandito al sergente Garcia

Anche Leopardi in un pensiero dello Zibaldone notava come la cosa più utile allo sviluppo di una società fosse il mantenerne e il servirne la maggior libertà possibile. Oggi che persino la sinistra cofferatiana ha concepito come maggior contenuto politico della propria azione la “legalità” (così come l’Azione cattolica aveva messo l’educazione alla legalità al primo posto della sua azione educativa) vien voglia di stare con il “bandito”. Ovvero con colui che non si piega al diktat moralista di chi sa quali sarebbero le leggi giuste per rendere l’uomo più buono, e dunque presume che l’uomo possa diventar buono per legge. Oggi viene voglia di stare con il “bandito” perché l’ipocrisia di chi ritiene la legalità il valore supremo (salvo poi invitare i ragazzi a disobbedire) è il segno di una spudoratezza nella ricerca del potere e nel travestimento. Oggi si sta dalla parte del “bandito” dai salotti buoni del giornalismo e della finanza. Dalla parte del “bandito” dai baciapile e da coloro che vorrebbero che i cattolici fossero solo dei baciapile.
In questo scadente western all’italiana che sono le elezioni, vien voglia di stare con il “bandito” invece che con la pletora di sceriffi, di commissari basettoni, di sergenti garcia e di signore in giallo.

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