Nessuna discriminazione anti Lgbt al liceo Ariosto di Ferrara

Di Caterina Giojelli
31 Gennaio 2023
Giornali, Arcigay e sindacati montano il caso di intolleranza omofobica di una preside contro un'attivista a un'assemblea studentesca. Solite lagne e accuse di "microaggressioni", ma la storia non è come la raccontano

«… dopo essersi allontanata sottraendosi al confronto, è ritornata indietro urlando a pieni polmoni e minacciando o promettendo l’intervento dei suoi legali. Spiace che questa intemerata non figuri nelle ricostruzioni proposte; così come non figura il dissenso che si stava manifestando da parte di alcuni studenti (la riporto al maschile, perché così mi è stato testimoniato da ragazz@ presenti all’assemblea) per la deriva che aveva preso l’assemblea, della quale un ospite esterno stava di fatto espropriando la conduzione a studentesse e studenti. Non per la prima volta, aggiungo».

Protagonista dell’intemerata è Manuela Macario, presidente Arcigay Ferrara, chi scrive è Girolamo De Michele, membro del corpo docenti del liceo classico Ariosto ai quali l’attivista lgbtq+ ha urlato: «Questa cosa non finirà qua, segnalerò la cosa all’ex Provveditorato», «Vi dovreste vergognare come dirigenti e come insegnanti», «io mi vergogno di cosa è diventato questo liceo», «In questa scuola c’è stato un dirigente scolastico gay, omosessuale, che è sempre stato rispettato da tutti. State calpestando anche la sua memoria».

La presidente Arcigay: «Gli studenti lgbtq+ si alzino in piedi»

Antefatto: il 23 gennaio gli studenti del liceo classico Ariosto di Ferrara convocano una assemblea d’istituto a tema identità sessuale, eteronormatività, binarismo di genere e patriarcato. La scuola approva tematiche e relatori. Tra questi c’è la presidente di Arcigay Ferrara Manuela Macario che al termine del suo lungo e concitato intervento invita tutti gli studenti lgbt+, o chi avesse parenti o conoscenti lgbtq+, ad alzarsi in piedi. La preside Isabella Fedozzi si arrabbia moltissimo, ferma “l’esperimento sociale”, ricorda che la platea è composta anche da minori, che esiste una cosa che si chiama privacy e che la scuola è garante della libertà di pensiero e del rispetto educativo delle famiglie. Segue gazzarra di cui diremo poi.

In pochi minuti Macario mette mano ai social e scrive un post in cui afferma di essere stata vittima di discriminazione e micro aggressione, «tutto ciò di fronte a una platea di studentə che fino a quel momento stavano partecipando, rispondendo alle mie sollecitazioni…».

L’attivista denuncia: «Io discriminata dalla preside dell’Ariosto»

Il combinato disposto “Arcigay”, “discriminazione”, “scuola” genera immediatamente una settimana di articoli. Il post ripreso un tantino acriticamente da Corriere, Repubblica e decine di portali diventa il fatto a cui sembra mancare nulla. C’è la loquacissima attivista Lgbt assurta alle cronache come “Io discriminata e zittita dalla preside del liceo Ariosto”. Ci sono genitori che parlano di figli «scossi», «sconvolti», «turbati» (17 di loro firmano con le sigle una lettera che inviano ai media per esprimere solidarietà a Macario e dire «ai nostri ragazzi che noi “siamo dalla loro parte e siamo fieri di loro”»).

Ci sono i sindacati «sul piede di guerra», «La Cgil sta con Arcigay». C’è Arcigay nazionale che denuncia la «censura di una preside che secondo noi ha completamente abdicato alla sua funzione educativa» e Franco Grillini la «gravità» dell’episodio. Ci sono i rappresentanti degli studenti in consiglio d’istituto che denunciano la violazione, da parte della preside, del «maggiore strumento di democrazia e di autonomia studentesca all’interno delle istituzioni scolastiche”, che è l’assemblea studentesca». C’è Repubblica che mette il carico da 90: «è scoppiato il caso in un clima generale nel Paese dove cresce l’intolleranza», scrive, ricollegandosi alla “Mappa dell’intolleranza”, rapporto annuale pubblicato da Vox diritti: «Sul podio della discriminazione online donne, persone con disabilità, omosessuali».

Per chi suona la campana di Arcigay

Come siano andate le cose, il fatto in sé – e sul quale l’Ufficio scolastico regionale ha avviato un’istruttoria – pare secondario rispetto al verbo di Macario: «La gravità di quanto accaduto è soprattutto da riferire al messaggio che gli studenti hanno ricevuto da tutto ciò. Una persona LGBTI+, una professionista LGBTI+ può essere non rispettata, può essere contraddetta anche se portatrice di pensieri scientifici, può essere intimata di sedersi e può essere messa a tacere. Tutto questo dovrebbe educare i ragazzi al rispetto? Alla libertà di pensiero? Tutto questo dovrebbe fare sentire accolti i ragazzi LGBTI+ presenti nella scuola?».

Ovviamente il pensiero è vintage: da decenni dissentire da qualunque cosa dica Arcigay eccetera significa essere omofobi o più prosaicamente il nemico responsabile della contrarietà del mondo che manda avanti cause e rotative di giornali. Almeno finché suona la campana dell’allarme discriminazione. La mamma che scrive esponendosi con nome e cognome ai media per ringraziare la preside, per capirci, non fa gioco alla narrazione quanto le sigle di 17 genitori che gridano alla discriminazione. Ma nemmeno una lettera firmata da 134 tra docenti e personale Ata (docenti e non) compatti nell’esprimere solidarietà alla dirigente e «offesi e amareggiati per le strumentalizzazioni ideologiche e politiche di quanto accaduto», oltre che dalla «volontà di non riportare i fatti nella loro oggettività e di limitarsi a lanciare invettive e istituire processi sommari sulle reti sociali, così da offuscare o sminuire il nostro lavoro quotidiano di educatori con la responsabilità di formare persone consapevoli, libere e criticamente partecipi».

«Ha ragione la preside». La lettera di 134 docenti e personale Ata

L’intervento (che trovate qui) conferma l’opportunità dell’interruzione della preside nel corso dell’esperimento sociale, situazione non solo poco attinente ai temi oggetto di discussione ma che andava certamente a costituire una «violazione della privacy di un pubblico composto da studenti, in buona parte minori». Nessun pregiudizio: il Consiglio d’istituto precedente all’assemblea aveva infatti sostenuto e appoggiato la scelta degli invitati «anche a fronte di richieste ufficiali di chiarimento pervenute da parte di famiglie preoccupate che l’Assemblea potesse trattare tematiche riguardanti la sfera personale e privata degli studenti in un contesto non controllato», la dirigente sarebbe stata garante della correttezza dello svolgimento delle attività, che prevedevano l’intervento di tre relatori, a cui era assegnato un tempo concordato, e una fase dedicata alle domande degli studenti.

Non solo Macario ha prolungato il suo contributo oltre i tempi concordati, occupando anche lo spazio previsto per le domande ai relatori invitati e per gli interventi degli studenti. Ma una volta interrotta si è lasciata andare ad espressioni che andavano «ben oltre i fatti contingenti dell’Assemblea, alla quale – in nome di tutti gli organi collegiali – era stata invitata, minacciando ripercussioni sulla scuola e citando autorevoli personalità – non presenti in quella sede – non in nome di quanto fatto per il nostro Liceo, per la cultura e per la scuola del nostro territorio, ma per le scelte della loro vita privata».

Quando Arcigay aveva a cuore la privacy degli studenti

Finché, il 30 gennaio, il professore Girolamo De Michele, scrive il pezzo definitivo nel suo blog su estense.com. Dopo aver ricostruito i fatti grazie a «student@ e collegh@» presenti nonché «una testimone presente per svolgere lavoro culturale, la cui onestà intellettuale non può essere messa in discussione», e lanciato ben più di una frecciata a politici e astanti del “Bar Sport” tutto diritti e inclusione, il docente sottolinea:

«è indubbio che quello che ipocritamente viene ora definito “esperimento sociale” (è educativo anche questo modo di gettare il sasso e poi nascondere la mano dietro le parole) fosse una violazione della privacy. Lo dimostra in modo inequivoco il fatto che in una precedente assemblea al Liceo Ariosto (si era nel 2019) sul tema dell’omogenitorialità l’ospite dell’Arcigay presente fece partecipare studentesse e studenti a un sondaggio attraverso un sito col quale si poteva interagire anonimamente col cellulare, in modo – come sottolineò – da tutelare la privacy di chi intendeva rispondere alle domande. Senza spettacolarizzazioni inutili o dannose: quell’ospite aveva a cuore la buona riuscita della comunicazione, cioè il fine politico dell’assemblea, non l’affermazione del proprio ego ipertrofico».

Inoltre:

«Non trovo, ed è grave, alcuna parola – al di fuori del documento dei lavoratori del Liceo Ariosto – sulle gravissime e inaccettabili dichiarazioni fatte da m.me MM, che ha indicato – meglio: etichettato – una soggettività non presente come “gay”. Si sappia dunque che l’Arcigay di Ferrara è presieduto da una persona (uso il latino, che è lingua precisa) che ogni qual volta perde la brocca si ritiene in diritto di fare outing su una soggettività che le risulta, o le sembra, o si figura, o s’immagina essere “gay”, indipendentemente dal fatto che tale soggettività non ha mai fatto (posto che ce ne fosse il caso e l’intenzione) coming out (…) È gravissimo affermare che uno stile di vita e una condivisione di valori siano determinati da scelte, orientamenti o gusti sessuali, quali che siano (vedi alla voce: sessismo)».

Il prof. le suona a partiti e sindacati

De Michele le suona a partiti, associazioni, sindacati che dalla post verità sono passati alla «verità dei post» (quelli di Macario, depositaria di verità), misurando il consenso «in cuoricini, faccine e pollici in su, come al Colosseo ai tempi dei gladiatori» scandendo il tempo della politica «dagli scatti d’isteria, piuttosto che dai tempi del ragionamento».

Lo fa con tutte le schwa al posto giusto e il disgusto per «il (legittimo, da parte loro) gongolare di omofobi e fascisti di varia natura: che fiutano il sangue, riconoscendo una pratica di cui sono esperti in qualcun altro che, insperatamente, fa per conto loro il lavoro sporco di minare le fondamenta di un’istituzione scolastica e culturale che hanno sempre avuto in odio». Lo fa smontando il “caso Ariosto” imbastito da giornali e Arcigay: suonando la sveglia a chi si lascia istupidire dalle sirene dell’attivismo.

Foto Ansa

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1 commento

  1. Mario Toma

    Purtroppo all’Italia manca un Viktor Orban che dia dei paletti a questi rappresentanti Lgbt, oltre ai quali non è permesso andare, ovvero una legislazione, sopratutto inerente le scuole, che limiti la loro libertá di fare e dire quello che vogliono (molto spesso con una grave violenza psicologica) di fronte a soggetti indifesi, cioè i minori. Forza Ungheria!

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