
Nessuna martellata, Prodi cadrà da sè
Chi lo avrebbe mai detto, che nel commento più appropriato sui primi sei mesi del governo Prodi, ci saremmo trovati d’accordo con le parole di Oscar Luigi Scalfaro? «Questo governo avrebbe diritto al Nobel della comunicazione, perché si direbbe che non riesce a dire le cose come sono», ha detto Scalfaro. Sulla Finanziaria ad esempio c’è stato un «clima di confusione» ha detto l’ex Capo dello Stato, certo non sospettabile di pregiudizi ostili verso l’Ulivo. «Il cittadino si trova con una tassa che spunta e che magari in giornata è già morta. E con chi protesta che viene accontentato. è questo un insieme di cose non piacevoli che creano un problema. L’opposizione, che fa il suo mestiere, ci sguazza dentro». Persino nel giudizio su Prodi come persona, le parole di Scalfaro sono suonate azzeccate. A proposito dell’ormai famosa frase prodiana sugli italiani impazziti, «anche le persone importanti hanno ogni tanto delle sortite che possono essere infelici».
Infelice, del resto, è la condizione di chi ha visto in sei mesi scendere di venti punti secchi la fiducia nutrita dagli italiani nei confronti del governo che guida. Ma di chi è la colpa? Dei media, che non rendono giusto merito al governo Prodi dei suoi meravigliosi provvedimenti adottati per «rimettere in piedi l’Italia» (come ha detto in quella conferenza stampa convocata per nascondere la notizia della fiducia alla Camera)? Forse della Rai e dei suoi tg, che Berlusconi non controlla di certo? Dei grandi giornali vicini al vertice di Confindustria, che all’Ulivo hanno tirato la volata elettorale? Ma per favore, non contiamo balle.
Il tono con cui Prodi ha deciso di reagire al suo calo verticale di credibilità tra gli italiani dice, come al solito quando si parla di un premier, prima dell’uomo e poi della sua politica. Come diceva Lao Tse, chi sa non parla, e chi parla non sa. Accusare media e italiani di non capire, è il primo inequivocabile segno di chi si sente assediato e incalzato al di là dei propri meriti: nel greco di Euripide, il tragico i cui protagonisti combattuti rifiutano il fato posto dagli dei, si sarebbe detto che Prodi “tende l’arco oltre il kairòs”. E non è un caso che kairòs non ricorra mai nell’antico Omero, perché esso identifica non solo l’obiettivo a cui tendere, ma soprattutto la “misura” che l’uomo sa dare, nella sua avvedutezza, all’occasione del tempo.
Anche e proprio per questo, poiché la politica è l’arte suprema del saper prendere misura e trarre vantaggio dalle occasioni, si capisce che l’opposizione e Berlusconi per primo non perdano il sonno per non riuscire a mandare a casa Prodi. Il problema non è affatto Casini e la sua Udc. Ma quello di trarre vantaggio dall’inquietudine e dalle divisioni che tra i leader dell’Unione inevitabilmente inizieranno a manifestarsi quando, malgrado la prova muscolare della Finanziaria, la fiducia degli italiani non risalirà. E sarà difficile che risalga, man mano che gli italiani dovranno metter mano al portafoglio per pagare una dopo l’altra tutte le nuove tasse di Prodi, castigatore di se stesso. Come diceva Ovidio, omnia sunt hominum tenui pendentia filo.
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