Neuroetica, l’ultima frontiera della teologia scientista

Si approssima il Giubileo del neurone. Ogni giorno sui giornali ci spiegano che è illusorio credere di esser liberi di andare d’accordo oppure no con un’altra persona, di scegliere una moglie o un marito, di comprare azioni o nascondere i soldi sotto la mattonella. Niente da fare. Decidono tutto i neuroni. Uno stuolo crescente di scienziati, con il ricorso a sofisticate tecniche di risonanza magnetica, è impegnato freneticamente nella mappatura delle corrispondenze tra stati mentali e aree del cervello. Come ha bene detto Massimo Piattelli Palmarini, si tratta ormai di una vera «industria scientifica».
Intendiamoci. Lo studio delle localizzazioni cerebrali, cioè la ricerca dei rapporti tra determinate aree del cervello e le sensazioni e i pensieri, è un progetto antico. La differenza è che oggi esso si avvale di tecniche sempre più raffinate. Questo progetto è ineccepibile. Anche il più intransigente spiritualista non negherebbe che la psiche non può che esprimersi attraverso il corpo, e quindi è ovvio che si serva di esso e che la sua attività sia rintracciabile nel cervello. La mappatura delle attività mentali e psichiche è di grande interesse. Purché sia ben chiaro che essa non dice nulla della grande questione metafisica – la relazione fra mente e cervello, fra anima e corpo – che probabilmente è destinata a rimanere un mistero.
Il guaio è che un certo numero di scienziati pretende che le loro ricerche siano in grado di dirimere la grande questione. È strano. Sulla filosofia si sparge disprezzo a piene mani. Si proclama che l’unica seria forma di pensiero è la scienza. Di recente, uno scienziato osservava che chi si occupa di filosofia rischia di trovarsi nella situazione di uno che venga sorpreso all’uscita di un cinema porno. Però chi disprezza compra e, in fin dei conti, tutti mostrano una voglia incontenibile di coronare la carriera risolvendo il problema del libero arbitrio e simili quisquilie.
Qui la trovata consiste nel fare un “passettino” da niente, un trucco linguistico. Se di fronte a una banana mi si accendono all’impazzata i neuroni e di fronte a una mela sono più flosci, dirò che quei neuroni sono la causa della mia preferenza. Se condivido le idee etiche di un signore e non quelle di un altro, e i neuroni mostrano corrispondenti diversità di comportamento, dirò che sono i neuroni a determinare le mie concezioni etiche. È come se qualcuno vi dicesse che, se vi batte il cuore al galoppo vedendo una certa persona (e non qualsiasi altra), è il cuore la causa dell’innamoramento.
Il nostro spiritualista potrebbe spiegare la situazione all’opposto: è l’anima a governare il cervello e, toccandola come un pianista, ne fa risuonare più o meno le varie aree. Naturalmente una simile idea è del tutto plausibile ma è indimostrabile, ed è da scommettere che il nostro verrebbe tacciato di essere un filosofastro cialtrone. Al contrario, chi sostiene che i neuroni sono la causa di ogni scelta si permette di enunciare un asserto epocale – l’inesistenza del libero arbitrio – sulla base di argomenti risibili, senza che nessuno lo tratti come merita. E perché mai? Perché è uno “scienziato”, ha fatto esperimenti in laboratorio e ha tracciato quattro istogrammi. Questa è la miseria intellettuale del materialismo scientista di oggi. Ma questa miseria non basta a tranquillizzare. Perché su queste basi mediocri si stanno edificando intere discipline, come la neuroetica, che pretende addirittura di ricavare i fondamenti dell’etica dallo studio del cervello.

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