
Neuroni
Lapidi “maggioline” chiudono la stagione televisiva, ed è il festival degli addii. In principio fu il campionato calcistico, e giù la prima lapide: nema sorpresa, lo scudetto è deciso pretempo e i fantini dei furori del pallone si guardano nelle palle degli occhi – la Ventura che elargisce “ti voglio bene” a pioggia, la devastante immagine dei pomeriggi domenicali svuotati di senso. E ancora, potranno i parrucchieri delle generazioni future interpretare la “pettinatura alla Rachel” ora che Friends è finito? Qual altro svalvolato coccolerà Nando ora che Mammucari veleggia verso Veline? E come sopravvivere all’astinenza da Grande Fratello se addirittura lo psicologo ufficiale si è rincretinito tanto da improvvisarsi Marco Polo, in scooter da Venezia a Pechino? Chiudono gli zoo di Mediaset, ci si attrezza con dosi industriali di Autan: in mancanza di Iene e Gialappa’s si gioca la carta aperitivo sui Navigli. Ma nulla può contro la tragedia del venerdì sera: 10 milioni di telespettatori a spasso, il 38.8% di share orfano e gitano senza meta, senza scopo… senza Zelig. Un popolo intero che si siede su una panchina a scassare l’anima al vicino, bambini strappati al “papà-ci sei-ce la fai-sei connesso?”, che sarà di loro? Paradossalmente, il danno è contenuto: se la diaspora si fosse verificata di sabato sera, tanta brava gente avrebbe perso un ragionevole numero di neuroni imbattendosi in Alberto Angela. Chiediamo sostegno psicologico per i poveri cameraman di Ulisse, costretti a immolare la salma della pecora Dolly, i cessi dei camuni, il finto embrione di un mammuth, e sentire Angela jr che marzulla e verdoneggia: «Dove siamo? Cosa facciamo? Dove andiamo?». Non spiacerebbe dirgli addio, anzi.
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