NIENTE RHUM E TANTE DONNE, A CARACAS CHAVEZ SEMBRA BELLISSIMO
Caracas è una città grandiosa e tremenda. Ci sono, com’è noto, donne bellissime e nessuno beve il rhum come dicono nelle pubblicità italiane. Mi spiega l’ambasciatore italiano, Gerardo Carante, che da Cuba in parecchi son disposti a scappare per un lavoro malpagato e che di medici venezuelani disposti a fare quel lavoro infame per poco non ce ne sono, perché hanno formazione e attese più alte. Chavez è il meno peggio che forse poteva capitare qui, assicurano alcuni che di sicuro comunisti non sono. Però molti ragazzi non ci stanno a subire il ‘coprifuoco’ per i minorenni, a veder gli slogans sui giornali. E un po’ di imprenditori sono preoccupati per la politica di confische avviata dal presidente.
Non si ammazzano dal lavoro i venezuelani, e la città sembra essersi fermata, dopo esser stata costruita negli anni Cinquanta dagli italiani, anche grazie all’amore del dittatore di allora per la nostra grande attrice Silvana Pampanini (a quella passione si devono alcuni monumenti tra i più importanti).
Qui ci sono santi di ogni genere. Per il popolo di Caracas il più santo è un certo dottor Gregorio Hernandez che fu professore e medico. E qui ci sono grandi poeti, nel passato come oggi. Uno è certamente Santos Lopez, autorità dela religione Aroyo, un animismo che convive con il cattolicesimo da sempre. Nelle sue poesie i morti, il bosco e il cielo gli parlano, e i poveri Cristi per le strade gli parlano. E a lui, e agli altri poeti di Caracas dedico come un saluto e un omaggio i primi versi di una poesia che sta nascendo.
«Caracas cielo grande a mani / aperte che virano / sul tuo volto per proteggerlo / e sul tetto del taxi rovinoso fermo / troppo tempo ad aspettare / e sulla bellezza fragile, violenta / di queste ragazze dono / della foresta e dei colori del ferro».
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