
Noi lottiamo per evitare il crollo di Pompei e Dolomiti, il diavolo per tentare chi ha certezze incrollabili
Mio caro Malacoda, l’Italia crolla a pezzi e non è neanche merito nostro. Non parlo di politica, dove non crolla mai nessuno, al massimo si decade, mi riferisco a crolli veri e propri.
Partiamo da Pompei. Si è verificato un nuovo crollo negli Scavi. Così lo racconta la cruda cronaca di un quotidiano: «Si è sbriciolato il muro di una bottega di via Stabiana; poi è venuta giù una parte di intonaco della Casa della Fontana piccola, all’ingresso della stessa… Concausa del crollo, molto probabilmente, il maltempo che si sta abbattendo nel Sud Italia. Nel luglio scorso, sempre in via Stabiana, si era verificato un altro crollo».
Piove, e muri che per quasi 1.700 anni sono stati protetti dalle intemperie da una spessa coltre di cenere, dopo due secoli e mezzo di acqua e incuria cedono. L’elenco dei crolli degli ultimi anni è scandito dalle polemiche e anche questa volta c’è chi ha puntato il dito: «Gli ulteriori crolli avvenuti domenica negli Scavi di Pompei sono un segnale che la Sovrintendenza si deve dare da fare, perché la manutenzione ordinaria è stata trascurata da troppi anni e i crolli ne sono la conseguenza».
Ma non cade solo Pompei, vengono giù anche le montagne. Un’enorme parete rocciosa si è recentemente staccata da Croda Marcora nel gruppo del Sorapis, Dolomiti. Il locale comandante della Forestale ha commentato sconsolato: «Fa male vedere crollare una grande parete del patrimonio dell’Unesco, ma è una cosa fisiologica che non è dipesa da un evento sismico o da grosse infiltrazioni». Parole che segnalano un atteggiamento che non colpevolizza l’uomo per questi eventi.
Tesi confermata da un noto geologo: «Crolli di questo tipo sono abbastanza normali sulle Dolomiti. Siamo a fine estate e fenomeni di espansioni e contrazione della roccia sono comuni, considerando che in questo periodo dell’anno la temperatura di abbassa nella notte avvicinandosi allo zero, mentre si alza durante il giorno a causa dell’insolazione. Una dinamica normale in contesti montuosi con pareti ripide». Le parole dei due esperti non sembrano lasciare spazi a ipotesi di manutenzione ordinaria, né straordinaria, come nel caso di Pompei. Le Dolomiti, nonostante la tutela dell’Unesco, potrebbero prima o poi non essere più ammirate da quell’umanità di cui sono state dichiarate patrimonio.
Non sembra pensarla così il giornalista che due anni fa raccontava un analogo crollo. «L’ampia fessura alla base della roccia. Con il caldo l’acqua si infiltra, con il freddo si trasforma in ghiaccio e aumenta di volume. Per questo la Torre Inglese, una delle guglie principesche che formano il complesso delle Cinque Torri, gioiello di Cortina, rischia di crollare. Ma a poco più di un anno dalla frana della vicina Torre Trephor, non ci sono i soldi per intervenire sulle Dolomiti che si sbriciolano».
È tutto a nostro vantaggio questa presunzione di eterno di ciò che per natura si corrompe, il tentativo di annullare il tempo che disgrega muri, monti, corpi, culture, civiltà. È lodevole voler preservare le pietre del passato dopo averne rigettato la tradizione. Ma anche se è opera nostra, non trovi, nipote, un po’ comico questo affanno? Non c’è più bisogno che ti curi di menti simili, ormai fanno da sole. Datti da fare invece con chi ha altre certezze che non l’utopistica preservazione paesaggistica con garanzia Unesco, con chi osa dire: «Perciò non temiamo se trema la terra, se crollano i monti nel fondo del mare».
Tuo affezionatissimo zio Berlicche
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