NON CERCHIAMO LA LIBERTA’ NEI DOSSIER

Di Gianni Baget Bozzo
03 Febbraio 2005
Il presidente degli Stati Uniti ha deciso di promuovere una commissione indipendente di inchiesta

Il presidente degli Stati Uniti ha deciso di promuovere una commissione indipendente di inchiesta sulle informazioni fornite dalla intelligence americana sulle armi di Saddam Hussein, che motivarono la seconda guerra del Golfo. Con ciò ha accettato l’ipotesi che quelle informazioni fossero non vere e che la caccia in Irak alle armi potrebbe non avere esito. La motivazione della guerra in Irak appare dunque fondata su informazioni insufficienti a provare l’esistenza di armi di distruzione di massa in possesso del dittatore irakeno. Ciò non toglie la legittimità dell’intervento americano, perché l’esistenza di armi di distruzione di massa era confermata dai servizi segreti di tutti i paesi. Tutti pensano però come un vantaggio il fatto che Saddam Hussein non sia ancora là. Per questo le reazioni dei paesi che si opposero alla guerra non esiste, tutti sono convinti che Saddam Hussein era una minaccia per la pace. Nessuno rimpiange che Saddam Hussein non sia più al potere. E avvalora le ragioni politiche che spinsero gli Stati Uniti a intervenire in Irak: cioè quelle di creare un’isola di democrazia nel mondo arabo e un nuovo equilibrio nella zona del Golfo. Ciò ha avuto conseguenze in tutti i paesi della zona, compreso l’Iran, dove proprio i conservatori, che fanno capo al Faqhiz, Ali Khamenei, hanno promosso la mediazione con l’agenzia di Vienna per il controllo della proliferazione nucleare attraverso la missione franco-anglo-tedesca. La riforma del Marocco sulla condizione femminile e la composizione del conflitto con Gheddafi, che si trascinava da decenni, mostrano che la presenza dell’Occidente in Irak ha un significato di riforma globale delle istituzioni politiche del mondo islamico. L’idea che la democrazia interna sia la condizione fondamentale per la pace ha fatto progressi anche se ciò ha significato l’imposizione della democrazia mediante una guerra. Ma così è accaduto in Germania, in Italia, in Giappone, in Russia, nell’Est europeo.
La questione delle armi non ritrovate diventerà un problema soprattutto per la politica interna dei paesi più direttamente impegnati nella guerra: gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Ma in Gran Bretagna il rapporto di lord Hutton ha chiarito che il governo non ha “sexed up” le informazioni dei servizi segreti: e che quindi le informazioni fornite dalla Bbc a riguardo attraverso il servizio di Gilligan erano false. Ciò è molto importante perché mostra la buona fede del governo britannico che non ha usato della sua autorità per orientare le informazioni dell’intelligence. Il rapporto Hutton rafforza Blair all’interno del suo partito e presso l’opinione pubblica britannica, ma influenzerà la polemica delle opposizioni al governo laburista e soprattutto quella interna allo stesso partito di governo. Nemmeno l’opposizione però mette in contestazione l’utilità dell’intervento in Irak, anche se fosse stato compiuto su informazioni errate. Un governo deve assumere il rischio della possibilità peggiore. Per questo la questione delle armi non ritrovate diventa un problema della qualità dei servizi segreti mondiali, non della legittimità e della moralità della guerra irakena.
bagetbozzo@ragionpolitica.it

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