Non conformiamoci a una religione e una ragione deboli

Di Lorenzo Albacete
21 Luglio 2005
LE APERTURE AL TRASCENDENTE, GLI INTERROGATIVI SU LIBERTA' E FEDE NELL'AMERICA POST 11/9. ECCO QUALI DOMANDE LE TV USA HANNO POSTO AL NOSTRO COLLABORATORE E COME LUI HA RISPOSTO

Negli Stati Uniti la ricerca della “libertà” è sempre stata vista come un argomento con una profonda dimensione religiosa. è stata la fede cristiana che ha posto i termini per i dibattiti su questo argomento, così come è oggi, specialmente attraverso l’influenza politica dei cristiani evangelici. Membri dell’establishment dei media secolaristi e liberal stanno provando a capire con urgenza le conseguenze politiche di religione e fede. Sono stato recentemente intervistato su questo argomento e ho pensato che i lettori di Tempi potrebbero trovare interessante queste parole. Eccone una parte.
Nel suo libro “Dio al Ritz” lei cita Salman Rushdie dicendo che è d’accordo con lei riguardo al fatto che l’Occidente moderno necessità solo di una ragione critica e di un’apertura trascendente, ma anche di un senso di umiltà. Pensa che siamo più vicini a questo risultato quattro anni dopo l’11 settembre?
No, non del tutto. C’è forse un maggior riconoscimento dell’importanza della religione ma, come ho già detto, non è del tutto legato alla ragione. Ciò che abbiamo è una religione debole per una ragione debole. In tal modo, non può portare i cambiamenti culturali necessari per confrontarsi con le minacce rivelate dell’11 settembre o altri potenziali disastri dovuti al potere tecnologico al di sopra della vita umana.
Lei è stato descritto come un «importante studioso ed educatore cattolico» dalla tv pubblica e dal New York Times, cioè dall’élite dei media dell’élite della East Coast. Come si evangelizza una subcultura come questa senza diventare più liberal dei liberal? Cioè, non è forse vero che quando i cattolici si confrontano con le élite secolari spesso si assimilano a queste ultime benché in modo impercettibile?
Sì, questo è sempre un pericolo, un grande pericolo. I cristiani sono stati mandati per testimoniare Cristo in tutte le aree della vita umana. Cristo ha conquistato il mondo e l’attuale situazione culturale non è più forte di lui. Il cuore umano è fatto per riconoscere Cristo. Dovunque esiste la ricerca che definisce l’umanità, c’è un’apertura a Cristo. I sacramenti e la devozione a Maria sono essenziali, tanto quanto l’appartenenza alle comunità della Chiesa dove gli amici si supportano gli uni con gli altri nell’abbraccio di Cristo, dove la vita della Chiesa è esperienza, dove essa non resta una semplice astrazione che ispira.
Molti in America hanno paura che i leader evangelici vogliano creare una teocrazia calvinista. Lei dice che bisogna dire “no” al secolarismo e “no” alla teocrazia. Perché e quale è l’alternativa?
Non credo che gli evangelici cerchino una teocrazia. In ogni caso, teocrazia e secolarismo sono ideologie giunte a noi quando Cristo è diventato un’astrazione per i cristiani, quando la sua presenza cessa di essere vissuta come un evento. Quando i cristiani separano Dio da Cristo, la cosa che accade subito dopo è che Cristo viene separato dalla Chiesa e quella ancora successiva è che la Chiesa viene separata dalla vita quotidiana nel mondo. Quando questo accade, la via d’uscita è quella di aprire un conflitto tra fideismo e secolarismo. Tutti i cristiani oggi sono chiamati a ritornare alle origini attraverso l’esperienza della conversione.
Quale potrebbe essere un buon modello per le relazioni tra la Chiesa e lo Stato in una società totalmente cattolica?
Non ho modelli da proporre. I modelli aprioristici non sono una risposta. Dobbiamo semplicemente vivere la vita della Chiesa con fede assoluta e testimoniare la sua bellezza e la sua corrispondenza ai desideri del cuore umano meglio che possiamo. Questa volontà, da solo, genera reti di relazioni umane e in questo modo genera proposte culturali. Tutto il resto sono felice di lasciarlo nelle mani del Padre. Per noi la chiave è costruire e vivere la Chiesa.

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