
Non è difficile essere come loro
Otto Adolf Eichmann visse dieci anni a Buenos Aires sotto mentite spoglie, dicendosi zio ai suoi propri figli, lui, gerarca nazista ricercato e infine scovato, processato e impiccato a Gerusalemme. Franco Branciaroli ha voluto trasformare dieci anni di menzogne di cui si era circondato Eichmann, nel mondo di Karl Steuberg. Una ‘farsa in due atti’, ‘Lo zio’ (Der Onkle), ritagliata intorno alle bugie del gerarca, che si finge fratello di se stesso, ossessionato dal ‘tornare ad essere lui’, capace di ‘uccidere per impedire il mio ritorno’.
Branciaroli, perché proprio il nazismo per raccontare la modernità?
Per la sua mira, la sua sostanza: tornare al paganesimo, al pessimismo, al tragico. Questo era l’impianto spirituale nazista, contrapposto all’ottimismo cristiano, che è spirito libero, rivoluzionario, teso alla ricerca della felicità Su questo ottimismo il nazismo doveva uscire vincitore. E sembra avercela fatta. Oggi assistiamo a un paganesimo strisciante, a un ritorno al dominio del più forte e della volontà dionisiaca, pagana. Da qui, la metafora dello zio: dal nazista che si fa passare per ciò di cui è cammuffato, a questo mondo, lo zio dell’altro.
Nel testo sembra emergere che nessuno è veramente padre e nessuno è veramente figlio.
E’ un discorso edipico ‘rovesciato’ da cui scaturiscono significati a raffica. Il Papa proprio tre giorni fa ( nel libro ‘Memoria e Identità, Rizzoli, ndr) ha paragonato la soppressione dell’esistenza embrionale nel ventre di una madre all’olocausto. C’è un motivo profondo e verissimo in questa affermazione: sopprimere la vita là dove attecchisce ha riferimento con l’olocausto in quanto la vita è soppressa scientificamente. E la caratteristica dell’olocausto è la soppressione scientifica della vita degli ebrei. Ma quello che ci hanno insegnato i nazisti il testo lo dice: hanno tolto dallo sguardo dell’uomo d’Occidente la vita. La vita con la V maiuscola. Perché se si riesce a manipolare la mente umana e a fare dei laboratori scientifici gli agenti soppressori di vita, allora si fa scomparire il senso della vita. Per cui vive chi dico io, in nome di che dico io. Questo ce lo hanno insegnato loro, questa è la loro grande, vera, lezione, ed è per questo che lo siamo tutti, nazisti.
Vengono in mente le parole del cardinale Martins in risposta all’attentatore del Papa: più che di anticristo sarebbe meglio parlare di antiuomo.
Chi parla dell’anticristo è Solove’v. L’anticristo è la democrazia quando farnetica di togliere il dolore, il bisogno, la sofferenza dal mondo. Questo è l’anticristo.
Togliere la Croce dal mondo.
Esatto. Non è un nemico di Cristo, nel senso di un mangia-Cristo, è la caricatura di Cristo.
Ma nel testo lei scrive che ‘l’anticristo oggi è il mondo’.
I testi non sono tesi: non si deve pensare che quelle parole siano dell’autore. René Girard sostiene che questo è un mondo cristiano perché la pietà verso la vittima trionfa. Può essere vero. Cioè, uno ammazza sua madre, suo fratello e sua sorella e si piglia 12 anni di carcere, giusto? Dopo sei anni lo liberano. Ecco, io temo che questo amore per le vittime sia in realtà un gigantesco scarico della coscienza, e cioè, un altro ‘zio’, un’altra maschera. Siccome non siamo affatto interessati alle vittime che ci riguardano – personalmente sono sicuro che quotidianamente noi di vittime ne facciamo un sacco -, aderiamo moltissimo alle vittime degli altri. La pietà esiste eccome, sta in tutte le costituzioni, sta in tutti i tribunali, ma è una maschera.
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